Bucarest, che sorpresa

Un viaggio in Romania fa bene agli occhi ma soprattutto alla testa e al cuore. Per noi italiani – così come per tutti gli occidentali – significa innanzitutto dover fare i conti con un bel po’ di pregiudizi che accompagnano il popolo romeno all’estero e che inevitabilmente ci portiamo dietro quando arriviamo appunto in Romania dove troviamo, invece, un popolo straordinariamente gentile e accogliente, generosa e sempre ben disposta verso l’ospite.

Certo, il lungo regime comunista – sebbene sia stato cancellato nel dicembre 1989 – ha lasciato una profonda impronta, prima ancora che nell’urbanistica, nel cuore della gente. E la crisi che poi ha colpito il mondo intero in questi primi anni del Duemila e che ancora non è passata non aiuta certo a superare la pesante eredità del passato.

La capitale di uno Stato spesso riassume in sé tutti i pregi, i difetti, le contraddizioni, i paradossi del proprio Paese e Bucarest non sfugge a questo cliché. I boulevard ariosi e dalle prospettive imponenti del centro convivono con i viali di periferia dai palazzoni senza forma, i ruski bloki sempre uguali da Nova Gorica a Vladivostok. I quartieri residenziali fatti di villette inizio ’900 lasciano, pian piano che ci si allontana dal centro, lo spazio a condomini anonimi e trasandati. E nel cuore della città la crisi si vede anche dall’alternarsi di palazzi imponenti e perfettamente restaurati con edifici invece abbandonati e preda dell’incuria più assoluta. Certo, con fondi adeguati e piani di recupero mirati, Bucarest sarebbe ben più ricca di fascino. Del resto i legami con Parigi sono sempre stati forti nel passato e questo lo si nota anche nell’architettura risalente alla fine dell’Ottocento e ai primissimi decenni del Novecento.

In più, da un punto di vista molto egoistico, muoversi per la città è abbastanza facile per noi italiani: la lingua romena infatti è una lingua neolatina, un’isola nel cuore slavo dell’Est Europa. Dunque, tantissime parole assomigliano molto a quelle del nostro vocabolario anche se poi il romeno ha assorbito termini francesi (ad esempio “gara” vuole dire stazione), tedeschi (patata si dice “cartof”) e ovviamente slavi (a iniziare dal “da” che significa “sì”). E se all’inizio la lingua parlata può apparire ostica per alcuni suoni per noi italiani assai difficilmente riproducibili, dopo appena due giorni si comprenderà già il senso delle frasi quanto meno più semplici.

Sia che ci si trovi a Bucarest per lavoro che per turismo (in Romania, e non solo verso la capitale, volano compagnie low cost come la Wizz Airwizzair.com – che offre ottimi prezzi) dunque è …doveroso “perdersi” tra le vie del centro così come visitare almeno alcuni musei che offrono la fotografia di quello che è stato ed è il Paese che ci ospita. Non dimenticando una cucina (prevalentemente di carne) straordinariamente gustosa ma anche delicata (soprattutto se paragonata a quella di altri Paesi dell’Est), con ottimi vini (da provare quelli della valle Prahova), e a prezzi per noi davvero interessanti (è praticamente impossibile spendere più di 20 euro a persona).

Ma ecco alcuni punti da vedere assolutamente.

Il centro storico

Il Quartiere storico è quello sostanzialmente compreso tra boulevard Regina Elisabetta, boulevard Brătianu e il fiume Dâmbaviţa. Su boulevard Regina Elisabetta si affacciano numerose facoltà universitarie, e sui marciapiedi non mancano i mercatini di libri usati. Tra palazzi imponenti (a iniziare da quello della Banca di Romania, via Doamnei) e bar che nella bella stagione invadono i viali pedonali con i loro gazebo, merita assolutamente una sosta la chiesa Stavropoleos, che si trova nella via omonima. Costruita nel 1724 per volontà di un monaco greco presenta all’esterno decorazioni preziosissime e all’interno affascinanti dipinti. Sulla destra c’è poi quel che rimane dell’antico monastero che presenta una serie di pietre tombali risalenti al 18.mo secolo. Sempre nella città vecchia, ma maggiormente verso il fiume in strada Franceză, i resti del palazzo fatto costruito da Vlad Ţepes (sì, proprio lui: Dracula) e anche una statua dello stesso Vlad. Pochi passi oltre, sulla destra, un grande edificio quadrato dell’Ottocento con corte interna, oggi occupata dagli ombrelloni dei bar: era un caravanserraglio, oggi è un ottimo ristorante e birreria il Restaurant Hanu’ lui Manuc (www.restocracy.ro/hanuʼ-lui-manuc-restaurant). Bar, locali pubblici. Dove mangiare? Il Pinguino si è trovato molto bene anche in via Doamnei 9 alla Terasa Doamnei (http://www.terasadoamnei.ro): può sembrare molto da turisti, con anche il palco sul quale la sera suona un’orchestrina e si esibiscono piccoli gruppi folcloristici, ma in realtà è frequentatissima soprattutto dai romeni che anzi vi portano con orgoglio i loro ospiti. E la cucina è tradizionale e ottima. Ma, lo ripetiamo, il Pinguino ha mangiato davvero bene anche in altri locali, ad esempio in un’altra birreria storica del centro, la Caru’ cu Bere, in via Stavropoleos 5 (www.carucubere.ro), birreria fondata nel 1879 anche se non in questa sede dove invece arrivò negli anni Venti del secolo scorso.

 

Piazza Università

Uno dei vertici del Quartiere storico è rappresentato da piazza Università. E’ la piazza simbolo della Rivoluzione che nel dicembre 1989 ha portato alla caduta del regime di Ceausescu, dominata dal moderno e altissimo hotel Intercontinental dalle cui finestre i giornalisti seguivano gli scontri. Davanti, sull’aiuola al centro di boulevard Băicescu, alcune croci ricordano i caduti in quei giorni. All’ombra della torre albergo, invece, davanti all’edificio che ospita il Teatro nazionale, quello che gli abitanti di Bucarest hanno ribattezzato il chilometro zero della democrazia. Una grande bandiera nazionale con il centro tagliato (dove vi era il simbolo del regime comunista, poi appunto scomparso nel tricolore romeno) campeggia nell’area, vicino a un monumento e a una scritta: “Qua si è morto per la libertà”. Sulle panchine del parco vivono praticamente perennemente alcuni uomini, a prima vista semplici barboni. In realtà sono stati combattenti negli scontri con Polizia ed Esercito del 1989, e – come dire – la loro è una presenza-testimonianza sulla piazza della rivolta.

 

Il Museo del Villaggio

Sulla strada che dal centro della città esce verso l’aeroporto internazionale, dopo aver superato la piazza sulla quale si affaccia l’imponente palazzo del Governo, lungo viale Kiseleff (in fondo al quale si trova l’altrettanto imponente e anche un po’ angosciante palazzo della Stampa, edificio del 1956 costruito secondo i dettami dell’architettura stalinista) trovate, affacciato su uno dei tanti laghetti che circondano la città (l’Herăstău) il Museo del Villaggio (il nome in rumeno è Muzeul Satului, www.muzeul-satului.ro/). Bello. Molto bello. Ospita, sulle rive del lago, decine e decine di costruzioni tradizionali romene (complessivamente sono 272 su 100mila metri quadri di terreno), in un trionfo di legno (le pareti) e paglia (molti dei tetti). E’ nato nel 1936 e oltre alle riproduzioni delle case d’abitazione tipiche di ogni angolo di Romania, ospita anche la riproduzione di chiese e di attrezzi e infrastrutture di vita quotidiana (pozzi, frantoi, mulini…). Da vedere per un tuffo nella Romania rurale. L’area espositiva all’aperto è visitabile tutti i giorni dalle 9 alle 17. Biglietto 10 lei (più o meno 2,5 euro), pensionati 5 lei, studenti 2,5 lei. Audioguida 50 lei (circa 12,5 euro), visita guidata in lingua italiana 300 lei (75 euro).

 

Il Museo del Contadino

E non lontano, tornando verso il centro città, ecco il Museo del contadino romeno, il Muzeul Tăranului Romăn (www.muzeultaranuluiroman.ro). É ospitato in un palazzo di via Kiseleff e anche la scelta della sede non è casuale. Questo palazzo infatti durante il regime ospitava il Museo del Comunismo e tra i programmi che il regime di Ceausescu aveva avviato vi era l’urbanizzazione forzata, l’abbandono delle campagne quindi (il che tra l’altro ha prodotto il fenomeno del randagismo dei cani, abbandonati dai padroni costretti a lasciare le proprie case nei paesi per gli angusti appartamenti di città, ma questo è un altro discorso…). E allora ecco che, come legge del contrappasso, il Museo del Contadino è stato allestito proprio qua, dove si celebrava chi i contadini voleva cancellarli. Al di là di ogni speculazione teorica sulla follia del dittatore rumeno, il Museo è molto amato dagli abitanti di Bucarest. E a ragione. E’ uno spaccato interessate sulla vita rurale del Paese oltre a godere di un ottimo allestimento, fattori che gli hanno permesso anche di vincere importanti riconoscimenti internazionali. Nel retro del Museo si trova anche un interessante e fornitissimo negozio nel quale è possibile trovare diversi oggetti e capi d’abbigliamento di carattere rurale e tradizionale di ottima fattura e a prezzi sufficientemente interessanti. Il museo è aperto tutti i giorni escluso il lunedì dalle 10 alle 18 (alle 17 chiusura degli ingressi). L’ingresso è libero il giorno 26 di ogni mese. L’audioguida non è disponibile in italiano ma solo, oltre che in rumeno, in francese e in inglese.

(Guido Barella)

Leggi anche il post: http://www.ilpinguinoviaggiatore.it/bucarest-a-casa-del-dittatore/

Per approfondire le conoscenze sulla Romania si consiglia di consultare l’ottimo blog www.allascopertadellaromania.com curato da Stefania Acerra e Ursula Fait, due italiane che da alcuni anni vivono a Bucarest.

 

(L’ultimo viaggio del Pinguino a Bucarest è del novembre 2018. In varie occasioni ha soggiornato all’albergo Zava, www.hotelzava.ro, situato in via Stefan Mihaileanu 21, non proprio centralissimo ma situato in un quartiere molto tranquillo.)

 

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