Carnia: sulle strade del Giro tutto un mondo attorno allo Zoncolan

La prima volta, nel 2003. Poi, quattro anni dopo, nel 2007. E poi ancora nel 2010 e nel 2011. Il Giro d’Italia ha acceso le sue telecamere in mondovisione sul monte Zoncolan, quello che i cicloamatori avevano già ribattezzato il “mostro” o il “kaiser”, ed è stato subito un successo. Oddìo, i cicloamatori, popolo nomade che attraversa i continenti felice di smadonnare pigiando sui pedali, già sapevano tutto di questa vera e propria follia in verticale nel cuore della Carnia (siamo in provincia di Udine), nastro d’asfalto lungo poco più di dieci chilometri con pendenze che arrivano al 21% se si sale da Ovaro (lo provò il Giro del 2007 per ripeterlo nel 2010 e nel 2011), ma che si può scalare anche da Sutrio (come fece il Giro del 2003), oppure ancora da Priola. Già sapevano tutto perchè il sito www.salite.ch piazza tutte e tre le salite tra le prime 15 d’Europa, una classifica che vede, tanto per farci un’idea, il provenzale mont Ventoux – quello segnato dalla morte, nel Tour de France del 1967, dell’inglese Tom Simpson – al 16.mo posto. Già sapevano tutto, tanto che il tam tam on line riecheggia della follia delle follie, il doppio Zoncolan (e quindi, doppio mostro, o doppio kaiser): si sale da Ovaro, si scende a Sutrio, si torna in vetta da Priola e quindi ci si lancia in discesa nuovamente su Ovaro. In tutto, 37 chilometri, ma il dislivello da affrontare è di 2.420 metri. Con quelle pendenze, poi…

In bicicletta…

E, allora, proviamo a raccontarla questa salita, anzi, queste salite: quando si arriverà in cima, lo spettacolo sarà il premio migliore, con la sguardo che può spaziare a 360° su tutte le montagne della Carnia. Da Ovaro (conviene arrivare in paese, lungo la statale che va a Sappada, già in bici, così per scaldarsi), si svolta per Liariis, paese che si raggiunge con pendenze del 12-13%. A Liariis poi si svolta a destra e, dopo l’ultima casa del paesino, inizia il primo tratto davvero da paura, 6 chilometri con il 15% medio con pochi tornanti e molto stretti. Quindi, dopo il bivio per malga Pozzof, la salita diventa più addomesticabile, anche se l’incubo sta per arrivare. Nel 2007, per la tappa del Giro hanno messo lungo il percorso delle maxifotografie dedicate ai grandi del pedale: Bottecchia, Binda, Bobet… Dopo Gimondi c’è quel rettilineo che ti illude, dopo Merckx la vista si apre sulla valle in un’esplosione di verde declinato in ogni sua tonalità, dopo Moser strappi imperiosi tolgono il fiato, dopo Saronni si respira ma dopo Bugno già si fa di nuovo dura. Ebbene poi c’è la maxifotografia di Marco Pantani che le annuncia: sono le gallerie, o meglio quelle che qualcuno (inguaribilmente ottimista o forse, più semplicemente, arrivato a questo punto, incapace di trovare nel vocabolario la parola giusta) eufemisticamente chiama gallerie. No, questi sono gli antri dove vivono gli sbilf, i folletti della Carnia, sono tunnel da minatori, trincee coperte della Grande Guerra. Prima «galleria», seconda «galleria», terza «galleria». Poi, ancora 600 metri. La liberazione? Macchè: i metri di dislivello sono 63, quattro tornanti finali, con passaggi al 15%. Ma il cartello che annuncia «Ovaro – Sella di Zoncolan» a quel punto è lì. E lì, a quota 1735, si è in vetta. Dall’altra parte della montagna, salendo da Sutrio, la salita è assolutamente più tranquilla fino al rifugio Moro (l’albergo alla base degli ski-lift) ma dopo, forse, i muri dei tornanti sono più duri, «esse» improvvise e impossibili nelle quali ti sembra di avere la strada di fronte sbattuta in faccia, in verticale. Ma sono tre chilometri e 300 metri appena (si fa per dire), i tre chilometri e 300 metri finali.

…e non solo

Ovviamente si può salire anche a piedi o più banalmente in automobile. E da Ravascletto è stata appena inaugurata la nuova funivia che porta fino in cima (che però il pinguino non ha ancora utilizzato…)

E poi…

Va bene la bicicletta, va bene lo Zoncolan, ma… Ma la Carnia offre anche altro. Tanto per iniziare, le Terme di Arta, il “comune rustico” del Carducci, il quale pure salì quassù – era il 1885, lo stabilmente era stato inaugurato quindici anni prima – per godersi le acque e la natura: oggi, alle Terme (www.termediarta.it) l’attività si svolge lungo tre direttrici: medicina termale, cure fisioterapiche e riabilitative ed estetica e benessere. Risalendo la valle del But, poi, ecco Sutrio, il paese della lavorazione del legno: nel periodo natalizio qua si possono ammirare gli straordinari presepi allestiti nelle corti, sotto i loggiati e lungo le stradine del borgo e delle vicine frazioni di Priola e Nojaris. Ma il simbolo del paese è, visitabile, tutto l’anno, il presepe di Teno, opera eseguita in trent’anni di lavoro da un maestro artigiano scomparso nel 1988, Gaudenzio Straulino. E poi ancora più in su nella valle, salendo verso il confine con l’Austria di Passo di Monte Croce Carnico, è possibile fare un tuffo nella storia, con gli scenari della Grande guerra, escursioni sul Pal Piccolo per scoprire trincee, fortini, gallerie: i sentieri che eranoportatrici carniche percorsi dalle portatrici carniche che, gerla in spalla, tenevano i collegamenti tra le prime linee e il fondovalle. E dopo l’escursione, la visita al museo di Timau ( www.donneincarnia.it/musei/museo-grandeguerra-timau.htm , www.timau.org ), piccolino ma zeppo di documenti e cimeli italo-austriaci (telefono 0433-779168, verificare gli orari assai diversificati stagione per stagione con il direttore Ermelindo Unfer, 0433-779292). Così, girando di paese in paese, magari si scoprirà anche la vicenda dell’alpino Silvio Ortis da Paluzza, caporal maggiore di 25 anni, reduce di Libia, due medaglie al valor militare, fucilato il primo luglio 1916 assieme a tre suoi compagni sotto l’accusa di rivolta per aver osato mettere in discussione, lui che tra quelle montagne era nato, un ordine d’attacco suicida alla cima del Cellon impartito da un suo superiore. Il figlio di un fratello di quel Silvio Ortis, comandante partigiano, scelse come nome di battaglia «Silvio». E poi chiamò suo figlio, ovviamente, Silvio. Ecco, questi è il gestore della trattoria «al Blitz», quella di Liariis (telefono 0433-67047, chiuso il lunedì pomeriggio e il martedì nei locali della vecchia latteria del paese: il pinguino ci ha mangiato davvero molto bene, specialità carniche elaborate con fantasia). Ai piedi dello Zoncolan. E allora passiamo nella valle del Degano, e da qui in Val Pesarina, pedalabilissima se vogliamo farci una passeggiata in bicicletta: siamo nelle Dolomiti friulane, tra paesini rimasti lontano da ogni forma di contaminazione. Pesariis ( www.pesariis.it ), l’ultimo dei borghi della valle, è fin dal 1600 il paese degli orologi, qua èorologi solari – pesariis nata la Solari, madre di quella Solari che ha riempito con i suoi orologi e le sue tabelle a palette aeroporti e stazioni ferroviarie di tutto il mondo. Ebbene, un’originale forma di museo diffuso raccoglie oggi la testimonianza secolare della produzione orologiaria del paese: un percorso espositivo tra le case fino alla collezione che vanta elemti di ogni genere, catalogati per fase tecnologica. Dagli orologi al prosciutto. Sauris ( www.sauris.com ), così come Timau, è un’isola alloglotta di origine tedesca dove tuttora si parla un antico dialetto germanico. Siamo nel comune più alto della regione e già la strada per arrivarci, lungo la valle del Lumiei, è uno spettacolo naturale. Dal 1862 quassù si producono prosciutti e salumi affumicati di rara delicatezza e praticamente mezzo paese lavora nell’azienda simbolo di questa produzione, la Wolf (www.wolfsauris.it). Dalla fine degli anni Novanta (del ’900), poi, Sauris è anche sinonimo di birra, grazie all’avventura della Zahre (il nome di Sauris nel locale dialetto tedesco) beer ( www.zahrebeer.com ). A proposito di “isole” tedesche di montagna: ormai in Veneto, ma al confine tra Cadore e Carnia (tanto da appartenere storicamente all’arcidiocesi di Udine), c’è Sappada, Plodn nel dialetto germanico del posto ( www.mysappada.com , www.sappadadolomiti.com , www.sappadasvelata.it ). Stazione tustica tanto invernale quanto estiva di fama, patria di fondisti di altissimo livello (due nomi su tutti: Silvio Fauner e Pietro Piller Cottrer) è gelosa custode delle proprie tradizioni. Una su tutte, è quella del carnevale, che si sviluppa nelle tre domeniche precedenti il mercoledì delle ceneri con la domenica dei poveri (Pettlar Suntach), la domenica dei contadini (Paurn Suntach) e la domenica dei signori (Hearn Suntach), animate da personaggi che indossano grandi mascheroni intagliati nel legno: la maschera simbolo è il Rollate, che ha un ruolo di guida nelle diverse manifestazioni.

Dormire

E’ un’esperienza che sta prendendo sempre più piede in Carnia: si ristrutturano antiche abitazioni del paese e si realizzano mini appartamenti da mettere a disposizione dei clienti secondo la i – comegliansformula dell’”albergo diffuso”: c’è una reception unica, ma poi si alloggia appunto in una casa del paese sistemata ad hoc. A Sutrio si chiama “Borgo Soandri” (telefono 0433-778921, www.albergodiffuso.org ) e mette a disposizione 26 alloggi per complessivi 120 posti letto. A Comeglians (telefono 0433-619002) invece si trova nelle frazioni di Povolaro e Maranzanis, sulla strada per Ravascletto con 24 alloggi (110 posti letto). A Ovaro invece si chiama “il grop” (in friulano significa il nodo) e comprende appartamenti anche a Prato Carnico e a Raveo (il paese dei biscotti, le “esse”): www.albergodiffusoilgrop.it . Importante per i cicloamatori: le strutture dispongono sempre di stanze chiuse per la custodia delle biciclette.

di Guido Barella

Un po’ di foto

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La mappa

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