
C’è un muro in Europa che non ha nessuna intenzione di crollare, sopravvissuto com’è ai referendum e alle stagioni della storia. Ed è in Italia. Ed è vero, nessuna metafora. E’ il muro di uno stabilimento balneare triestino che dal 1903 separa, persino in mare, uomini e donne. Un bagno popolare, nel senso che non c’è triestino che non ci sia stato, se non altro da infante. Si chiama “Alla Lanterna” (dal piccolo faro, la vecchia lanterna, appunto, del porto. Che oggi è spenta) , in realtà il suo nome “vero” è “Pedocìn”, cioé piccolo pidocchio: si narra, infatti, che questo tratto di spiaggia, inaugurato sotto l’Austria degli Asburgo, venisse sfruttato dai soldati di Francesco Giuseppe per “spidocchiarsi al mare”. Cattiverie contro gli occupatori? Mah. Oppure, altra ipotesi, visto che i “pedòci” in dialetto sono le cozze, forse si voleva sottolineare quanta gente passasse le sue giornate qui: tenete presente che lo stabilimento è in pieno centro città, sulle Rive, e che fino al 1984 è rimasto gratuito (oggi costa 1 euro). Un punto di riferimento importante per i triestini meno abbienti da sempre, dunque. In verità pare che il primo nome del bagno fosse “ciodìn” (chiodino), perché la gente si portava da casa i chiodi per appendere gli abiti.
Una cosa è certa: da subito questo bagno, interamente costruito in legno, fu diviso in due da una palizzata poi cementificata: da una parte donne e bambini fino ai 12 anni; dall’altra, gli uomini. Il tutto per impedire “atti contrari alla decenza”, si diceva sotto l’Austria. Morale: si arriva alla cassa insieme, poi gli uomini girano a destra e le donne a sinistra. Mamme e nonne possono portare figli e nipoti maschi con loro sino ai 12 anni del pargolo. Dopo la cassa, due mondi: spogliatoi divisi, docce e spiagge separate. Il bianco muro di separazione, alto 3 metri, prosegue fino al mare per poi essere sostituito dalle boe. Di conseguenza, l’unico “contatto” di coppie e famiglie è proprio qui, in acqua. Poi ognuno ritorna rigorosamente nel suo “territorio”: gli uomini, che “finalmente” si godono la pace (nel vero senso della parola, visto che la loro quasi metà è molto meno affollata e decisamente più silenziosa…); le donne, che si “godono” il tran tran familiare o qualche oretta di sole.
Almeno un vantaggio a essere donna c’è, ed è il bar. I maschietti no, devono uscire e pigliarsi qualcosa al chiosco davanti all’ingresso. Le donne hanno pure la spiaggia più grande di un terzo rispetto agli uomini (per i bambini). Tenete infine presente che questa divisione aiuta anche chi mal digerisce l’età che avanza o non vuole mostrare qualche difettuccio fisico (noi Pinguine ci siamo capite, vero??). Ecco perché tutti i tentativi di abbattere quel muro sono andati a farsi benedire: pensate che all’ultimo referendum (siamo negli anni Ottanta) i triestini hanno detto sì all’unanimità per il mantenimento della “frontiera”!
Lo stabilimento, di proprietà del Comune, è piuttosto spartano anche se allegro nei suoi colori – dell’epoca – bianco e azzurro: panche di legno, spogliatoi, una spiaggetta di sassolini (attrezzatevi con sdraio o materassini se state al sole, dopo un po’ fa male la ghiaietta e non c’è nessun noleggio disponibile), uno spicchio di mare che è poi l’acqua del porto, con le navi che vi scivolano davanti (in ogni caso la zona balneare è protetta da barriere galleggianti). Il segreto del suo successo sta – oltre alla sua originalità sessista! – nel consentire a chi lavora o ha comunque poco tempo a disposizione di godere del sole e di una nuotata spendendo davvero poco e sfruttando una posizione invidiabile visto che il bagno è in centro città. In più, c’è il posteggio. A pagamento, ma c’è.
Insomma, se capitate a Trieste con la bella stagione magari, dateci un’occhiata. Questo stabilimento è un microcosmo: pensionati, studenti e studentesse, commesse, lavoratori in pausa pranzo, mamme, papà, nonni. Di tutte le età. Magari prenderete la tintarella là dove si sedeva James Joyce…. Non potrà non divertirvi!
Ah: se prendete il Delfino Verde, la motonave che dalla Stazione Marittima vi porta in questo caso a Muggia, durante la navigazione lo vedrete benissimo, il bagno e il suo muro! Una visuale ancora più…suggestiva!
Info utili
Si trova sul Molo Fratelli Bandiera 3, vicino alla piscina termale “Acquamarina”. Se volete, ci arrivano due autobus: la linea 8 o la 9.
Il “Pedocin” è aperto tutto l’anno per cure elioterapiche (per info il telefono è 040 30 59 22), invece la balneazione è consentita dal 1° giugno al 30 settembre.
Gli orari di apertura variano a seconda della stagione:
• dal 15 al 31 maggio dalle 8 alle 18.30;
• dal 1 giugno al 15 settembre dalle 7.30 alle 19.30;
• dal 16 settembre al 30 settembre dalle 8 alle 18.30.
Il biglietto, giornaliero, costa 1 euro: potete anche uscire e rientrare dal “Pedocin” con lo stesso biglietto. Gli abbonamenti mensili hanno costi davvero accessibili: sono 19 euro in estate, 9 invece da ottobre a maggio (per le cure elioterapiche). Lo stagionale (giugno-settembre) costa 63 euro, 25 il forfait per gli altri mesi.
Troverete docce, bagni, l’infermeria, spogliatoi e, nella zona femminile, alcuni servizi per portatori di handicap (gazebo, wc, spogliatoio con lettino, doccia esterna e interna). Le barriere architettoniche sono state abbattute sia all’ingresso dello stabilimento che per entrare in acqua.
di Donatella Tretjak