Trieste in tazzina

Trieste ha un feeling con il caffè che è qualcosa di unico. Ma unico davvero. Perché la mia città ha coniato un vocabolario tutto suo per ordinare una tazzina. Non ci credete? Beh, eccolo qua. Imparatelo prima di venire da queste parti!!!

Il vocabolario della tazzina

Nero: è l’espresso in tazzina
Capo: espresso macchiato caldo in tazzina
Capo “in b” (dove “b” sta per bicchiere): espresso macchiato caldo servito però in un bicchierino di vetro sfaccettato (tanto per capirci, quello delle osterie…)
Capo “in b tanta”: espresso macchiato in bicchiere con tanta schiuma
Capo “in b tanta special”: caffè macchiato in bicchiere con tanta schiuma e spolverata di cacao
Cbs: “capo in b” ma senza schiuma
Goccia (che sta per “gocciato”): un caffè con al centro una goccia di schiuma di latte, una sorta di caffè macchiato
Goccia “in b”: un espresso con una goccia di latte caldo servito in bicchiere
Caffelatte o capo in tazza grande: è il classico cappuccino
Deca: decaffeinato

Storia  e numeri

E adesso un po’ di storia, così capirete il perché di questo culto (il numero dei bar in città è di 1 ogni 300 abitanti contro una media nazionale di 1 su 400: il ritrovarsi al caffè è qualcosa di assolutamente naturale per il triestino).

Siamo all’inizio del Settecento: dai porti di Smirne e Alessandria, porti dell’Impero ottomano, sbarcano a Trieste (porto dell’Impero asburgico) i primi, ingenti, carichi di caffè. Nel 1748 Teodoro Vetrato apre la prima “ricca ed elegante caffetteria” in piazza Grande, quella che oggi è piazza dell’Unità d’Italia. Da questo momento è tutto un fiorire di caffetterie (meglio, botteghe da caffè, dove si poteva degustare e acquistare il chicco tostato). Alla fine del 1700, le prime torrefazioni, che non solo tostavano il chicco ma “inventavano” nuove miscele. In poco tempo si arriva a 66 ditte di importazione e commercio, 4 aziende per la lavorazione del caffè e una decina di torrefazioni, più di un centinaio di botteghe da caffè, numerosi “caffè concerto”. E poi, caffè squisitamente politici, quelli per ufficiali e alti funzionari austriaci, quelli della borghesia, degli uomini d’affari e, sempre più numerosi, sopravvissuti ancora oggi, i caffè letterari frequentati da James Joyce, Italo Svevo, Umberto Saba.

Nel 1904 viene inaugurata la Borsa del caffè. Oggi, quasi il 30% del caffè importato in Italia passa di qua. Trieste è il porto di caffè più importante del Mediterraneo.

Altri numeri? Cinque aziende importatrici e grossiste (crudisti); una decina le case di spedizione specializzate in caffè; una ventina le torrefazioni delle dimensioni più varie. Qui c’è uno dei pochi impianti di decaffeinizzazione presenti in Italia e Trieste possiede il primo impianto moderno per la lavorazione del caffè. Inutile dirvi che con tutta questa abbondanza, i triestini consumano il doppio della media italiana di caffè (circa 10 kg pro-capite/anno contro, appunto, i 5 della media italiana).

Nel 2006 nasce  il Distretto Industriale del Caffè, vero e proprio punto di riferimento internazionale per l’espresso italiano. E ogni due anni, gli operatori internazionali del settore per scoprire le novità e le nuove tendenze del mercato  si danno appuntamento al TriestEspresso Expo, la più importante fiera sull’intera filiera dell’industria del caffè espresso.  I numeri sono impressionati: 230 espositori e 8.757 operatori da 85 Paesi, 105 i giornalisti accreditati da 18 Paesi. La prossima data? Dal 25 al 27 ottobre 2012.

Info su: www.triestespresso.it

di Donatella Tretjak

468 ad

Scrivi un commento