Samos, perfezione matematica

L’isola di Samos (www.samos.gr, www.mygreektrip.it/samos, samos.grecia.go.it ) è, per l’altra metà del Pinguino (che si è preso il diritto di scrivere queste righe), un vero e proprio luogo dello spirito. Lo ammetto subito, Samos mi è rimasta nel cuore e nell’anima. Chissà: sarà perché la sera del nostro arrivo c’era la sagra del vino e ci siamo quasi ubriacati con quel nettare prodotto con le uve moscato che finisce anche sulla tavola dei Papi di Roma; sarà perché a Samos abbiamo avuto la fortuna di assistere alla visita del Patriarca Bartolomeo I (no, non sono ortodosso, ma è stata una grande emozione condividere la gioia degli isolani per l’arrivo del loro pastore da Istanbul, l’antica Costantinopoli, dove risiede e da dove “governa” le comunità greco-ortodosse delle isole e all’estero, anche d’Italia quindi); sarà perché comunque è un’isola magica, offrendo tante, tantissime spiaggette da sogno ma anche paesini quasi alpini immersi in un verde abbagliante; sarà per i ricordi dello splendente passato che conserva; sarà che di fronte, pochi chilometri all’interno della costa turca, c’è un altro posto magico, Efeso. Sarà… Beh, poi ci sarà un motivo se pure Antonio e Cleopatra l’avevano scelta per il loro viaggio di nozze…

Vathi e Ano Vathi

Noi avevamo il nostro albergo a Vathi, nota anche come Samos città. In realtà il suo nome comunque è Vathi, e Ano Vathi è il paese contiguo, l’anima più vecchia che ha mantenuto anche autonomia amministrativa rispetto al “fratello” più giovane, sviluppatosi attorno al porto. Vathi (o Samos, lo troverete chiamato in entrambi i modi) è comunque paese vivo e vitale, affacciato sul versante settentrionale dell’insenatura (profonda cinque chilometri e larga uno) che è un approdo naturale e protetto. La vita si sviluppa soprattutto attorno sulla via che all’interno corre parallela al lungomare, lungo la quale non mancano i contadini che vendono sacchetti con le spezie, e la piazza principale, dedicata guarda caso al figlio più illustre dell’isola, Pitagora: al centro un monumento che raffigura un leone, simbolo del coraggio degli isolani che combatterono per la libertà nella prima rivolta contro l’impero ottomano nel 1821. Tutt’attorno le viuzze del commercio, tante case diroccate, tanti negozi allegramente disordinati (tra i tanti, un negozio che potremmo con un po’ di fantasia definire di un rigattiere con un biglietto in vetrina: “Attention please. You are here in Greece: in this shop we sell only authentic goods”. Tanto per dire del carattere dei greci dell’isola!).

Il vanto della cittadina è il museo archeologico (aperto tutti i giorni dalle 8.30 alle 15, ingresso 3 euro) e il suo ospite più illustre è il Kouros per alloggiare il quale è stata realizzata appositamente una nuova area. Le diverse parti del corpo (mancano il polpaccio e il piede sinistri, e il piede destro) sono state ritrovate casualmente a partire dal 1973: scolpito nel marmo, il Kouros presenta un’altezza spettacolare, 4 metri e 79 centimetri, che ne fa la statua più grande mai trovata in tutta la Grecia. Alcuni testi riferiscono che raffiguri il dio Apollo.

La vicina Vathi vecchia, Ano Vathi, pur essendo attaccata alla capitale dell’isola, è rimasta uguale a se stessa attraverso i secoli. E allora camminando per le sue viuzze che salgono sul pendio della collina non si può non osservare le case che conservano l’architettura tipica di Samos, tutte più strette alla base e che poi salendo si allargano verso l’esterno aumentando così lo spazio abitabile. E quasi tutte le case hanno poi i caratteristici “bow-window” di derivazione musulmana, i balconi finestrati da dietro i quali le donne, non viste (perché si sa gli uomini non potevano guardarle), potevano osservare il passeggio in strada. Ma spettacolare, ancorchè moderno, è anche il grande viale del lungo mare che cinge il golfo per arrivare fino alla Cantina sociale - dove fare un salto: non esiste uno spaccio, ma sul retro, dove c’è anche un supermercato, si trovano abbandonati i graspi delle uve a tonnellate -, dietro alla quale si dipartono le strade che vanno da una parte, verso sud, a Pythagorio e dall’altra, verso ovest, a Kokkari e poi a Karlovassi. E sotto Ano Vathi sul lungomare sono ancora riconoscibili i vecchi magazzini del porto. Oggi abbandonati a se stessi.

Pythagorio

Affacciata sulla conca del porticciolo, adagiata ai margini della grande pianura che caratterizza la parte meridionale dell’isola (dove si trova anche l’aeroporto), Pythagorio è la vecchia capitale di Samos. Anzi, prima di dedicarsi al proprio figlio più illustre, era proprio questo paese a chiamarsi Samos (ma poi anche Tigani, “padella”: molto probabilente per la sua forma, ma c’è chi afferma che sia per le temperature che in quest’angolo dell’isola non battuto dal vento si raggiungono d’estate). Come spesso accade nei paesini delle isole greche, il lungomare è il luogo del passeggio dei turisti (e la maggior parte di quanti soggiornano sull’isola è ospitata proprio negli alberghi di Pythagorio: insomma, a luglio e agosto qua è una vera e propria invasione: da questo punto di vista, molto meglio starsene a Vathi, o Samos che dir si voglia…), ma è sufficiente fare pochi passi e scegliere le vie parallele che si dipartono dal viale che scende verso il porto arrivando da Chora e che di sera viene chiuso al traffico (Logotheti) per trovare l’anima più vera della comunità. E’ così ad esempio che – sulla sinistra rispetto al viale Logotheti – c’è la piazzetta lastricata dove si trova il municipio, edificio che ospita il piccolo Museo archeologico (dal martedì alla domenica 8.45-14, mercoledì apertura alle 10, ingresso gratuito) in realtà assai modesto. Molto più interessante è – sulla destra rispetto al viale Logotheti – raggiungere il Kastro che domina la cittadina, il primo nucleo abitato dell’intera isola. L’area del castello si raggiunge dalla più importante chiesa della cittadina, dedicata alla Trasfigurazione di Cristo (Metamorfosis tou Sotirou), da visitare. E a fianco (è tutto lì, nel raggio di pochi metri) anche gli scavi archeologici. Percorso tutto il lungo mare, sul lato opposto c’è il cosiddetto molo piccolo, al centro del quale si trova la moderna, ma davvero molto bella, statua dedicata a Pitagora (un’altra si trova invece vicino al museo in centro). Oltre, la spiaggia della cittadina, Remataki (ma sono ben altre le spiagge che meritano di essere frequentate).

Ma il capolavoro dell’antichità di Pythagorio si trova a poche chilometri dal centro: è il tunnel di Efpalinio. Nel VI secolo a.C., la città aveva 20 mila abitanti e un grande problema: l’approvvigionamento di acqua, abbondante sul versante settentrionale dell’isola. Ecco dunque che Efpalinio, ingegnere geniale, realizzò questo tunnel sotterraneo lungo 1350 metri  che, inclinato, attraversa le colline nel cuore dell’isola per ospitare l’acquedotto. La cosa incredibile è che la costruzione – parliamo di 2600 anni fa – fu condotta da due squadre di operai che partirono l’una da nord e l’altra da sud, che si congiunsero praticamente perfettamente a metà strada! L’ingresso nel tunnel – sono visitabili i primi 100 metri – è una vera e propria fessura nel terreno: il pinguino è stato colto da una crisi di claustrofobia e dopo un metro si è sentito soffocare e ha dovuto scappare. Solo le cartoline e le foto sulle guide gli dicono cosa si è perso.

A un centinaio di metri dall’imbocco del tunnel, il monastero di Panagia Spilianì, che ospita anche un edificio di recente costruzione dove i pellegrini possono pernottare. Tutto il luogo sacro è stato restaurato senza troppo gusto, ma è assai particolare una lunga grotta che si apre sulla sinistra, grotta che si vuole rifugio degli isolani ai tempi delle invasioni ottomane.

A pochi chilometri da Pythagorio, appena oltre l’aeroporto, infine, l’Heraion, il più importante sito archeologico dell’isola, con il tempio dedicato a Hera (che secondo la leggenda era nata proprio qua), del sesto secolo avanti Cristo. O meglio ciò che resta. Ovvero molto poco. I piedi c’è solo più una colonna di una decina di metri, e poi un bell’altare di uno dei tanti templi che caratterizzavano l’area. All’interno dell’area si avverte la grandiosità che essa doveva avere nell’antichità, ma molto è lasciato alla fantasia del visitatore…  Ancora: per andare da Pythagorio a Vathy si può anche passare per Mytilini, un paesino pressochè nascosto, i cui abitanti nei secoli si sono dedicati all’agricoltura. Carina la sua plateia, la piazza, con locali dove è difficile trovare stranieri. Ma Mytilini gode di una qualche fama soprattutto per il suo Museo paleontologico (dal lunedì al sabato dalle 9 alle 14, domenica 10-14; a destra della strada per Chora): se siete interessati alla materia…

Il nord dell’isola

La strada che da Vathi va verso Karlovassi, lungo tutta la costa nord dell’isola è davvero unica: paesini deliziosi, spiagge indimenticabili e, nell’interno, piccoli angoli di paradiso, lontani ben più della manciata di chilometri che li separano dalla costa dalla vita dei vacanzieri.

Kokkari (un nome davvero curioso: significa “cipolline” e potrebbe essere dedicato alle cipolline coltivate nei dintorni, chissà…) è un antico borgo di pescatori (un passato testimoniato dal piccolo monumento ai marinai in centro) riscopertosi negli ultimi anni un’anima turistica intrigante. Il piccolo centro storico della seconda metà dell’800 è assolutamente delizioso e la passeggiata arriva fino al fondo del paese, dove si chiude la conca della baia. I baretti hanno i tavolini direttamente sul mare e la sera il gioco delle luci sul mare è davvero romantico. Ma il punto più particolare del paese è sul lato sinistro della conca, dove all’imbocco della penisoletta che si protende verso il mare c’è forse la casa più piccola del mondo, stretta stretta, carina carina, direttamente sul mare. Dall’altra parte, verso ovest, si stende la grande spiaggia di Kokkari. Bella per carità, ma niente in confronto a quelle che si trovano appena pochi più chilometri più in là, Lemonakia e Tsamadou (ma ne parleremo nel capitolo dedicato alle spiagge).

Ebbene, superata quella che è un’altra delle spiagge simbolo di questo tratto di costa, Tsampoù, si deve svoltare a sinistra, verso l’interno in direzione di Vourliotes. Ma prima di arrivarvi, il consiglio è quello di fare una tappa alla sorgente di Priaka. Parcheggerete poco prima di una cappelletta bianca con il tetto blu e poi, fatti pochi passi, arriverete appunto alla sorgente, all’ombra dei grandi platani. Il padrone della taverna lì a fianco ha piazzato qualche tavolino con le sedie (tutti rigorosamente bianco e blu) e val la pena fermarsi anche solo per una merenda. Poi, via. Si riparte verso Vourliotes, e anche qua lascerete la macchina o il motorino fuori dal paese, nel quale entrerete a piedi. Per arrivare nella piazza centrale, sulla quale si affacciano quattro (o forse cinque) taverne che si sono divise il (poco) suolo a disposizione piazzando in ogni centimetro quadrato a disposizione i loro tavolini e le loro sedie, dipinti ciascuno in modo diverso così saprete di chi siete cliente. Al centro, come spesso accade nelle “plateie” dei paesini greci un grande platano che ombreggia la piazza sotto il quale passano il tempo gli anziani del luogo che tormentano il loro komboloi, quella sorta di antistress–scacciapensieri la cui forma ricorda vagamente quella della corona del rosario che vedrete in mano praticamente a tutti gli uomini greci, che fanno scivolare le pietre tra le dita di una mano. Per carità, fermatevi pure a mangiare, ma poi fate due passi attraverso il paesino, anche perché così potrete sbirciare all’interno delle vecchie abitazioni greche, vedrete un paio di empori alquanto improbabili (uno è già lì, sulla piazza) e scoprirete anche degli scorci ineguagliabili che guardano verso il mare. Ma non fermatevi a Vourliotes.  Ancora un paio di chilometri e arriverete al monastero di Vrontà. L’incendio che nel 2000 colpì l’isola lo ha letteralmente distrutto, vanificando il lavoro dell’abate Theofilos che pazientemente lo aveva restaurato facendolo diventare anche un piccolo museo della tradizione locale. Così, reso spettrale da quell’incendio, il luogo è, se possibile, ancor più suggestivo: rimane il rammarico di non averlo visto prima che fosse divorato dalle fiamme.

Ma la costa settentrionale di Samos non ha ancora finito di sorprendere. Sosta quindi a Paleochori, e poi, poco dopo, si svolta ancora a sinistra per andare verso l’interno, per andare a Manolates, nel cuore della valle degli usignoli. E in molti risalgono la valle fino al paesino a piedi, con un sentiero ben tracciato. Chi invece ci arriva – come noi – in motorino o in auto parcheggia nel piazzale (insomma, non esageriamo: nello spiazzo, meglio) ai piedi del paese. E poi, su, a piedi, lungo la via principale, e pressochè unica. Negli ultimi anni Manolates è diventato il regno di giovani artigiani che qua hanno aperto le loro botteghe e buttare un occhio è d’obbligo ma soprattutto piacevole. Non mancano però le donne che, sferruzzando, attendono che qualcuno acquisti il miele che espongono sui banchetti improvvisati sulla porta di casa. I turisti si fermano tutti da Lucas, estiatorio con terazza affacciata sulla costa per godersi il panorama. A proposito: il mezzo di trasporto ancora oggi più utilizzato, quassù, è l’asino (e quando va bene il cavallo…): non sorprendetevi quindi se vedrete qualche contadino che torna a casa seduto in sella al proprio fedele amico. E prima di arrivare a Karlovassi, Agios Nikolaos, dalla cui punta si gode forse il tramonto più bello di tutta l’isola. 

Karlovassi e l’ovest dell’isola

Karlovassi è la terza cittadina dell’isola, ha un porto nel quale attraccano i traghetti ed è anche sede di alcune facoltà dell’Università dell’Egeo. Sorta dall’unione piuttosto disordinata di quattro o cinque paesini, con i suoi vecchi magazzini in riva al mare, veri esempi di archelogia industriale, la cittadina non è francamente particolarmente carina e soprattutto non è affatto turistica. Però passeggiare per Karlovassi, fermarsi a bere qualcosa nei suoi vecchi bar, vi permette di immergervi nella vita quotidiana degli isolani prima magari di andare a godervi il mare nella vicina spiaggia di Potami. Ma soprattutto prima di andare alla scoperta delle cascate del ruscello Potami. E’ una passeggiata di un quarto d’ora circa, che parte dalla più antica chiesetta dell’isola, la Metamorphosis tou Sotirou, edificio dell’XI secolo la cui porta è sempre aperta anche se qui non si celebra più la messa. Oltre la chiesetta, al termine della prima parte della passeggiata, dovrete scegliere: o vi immergete nell’acqua fino al petto e risalite il torrente camminando controcorrente in una gola piuttosto stretta (e molto, molto suggestiva) o vi arrampicate sulla roccia con una specie di “ferrata” assai instabile e assai poco protetta. Poi, sta a voi se fermarvi alla prima cascata o proseguire… Comunque, un’avventura da non perdere. La parte ovest dell’isola presenta però anche altri lati meno avventurosi ma sufficientemente spettacolari.

Da Karlovassi si può, ad esempio, raggiungere Marathocampos, il centro affacciato sulla baia della costa meridionale nel quale si trova una delle più belle spiagge di tutta l’isola, Votsalakia. Ma per andare da Karlovassi a Marathocampos il consiglio del Pinguino è di seguire non la strada principale, ma quella secondaria più a ovest, quella che passa per Leka: è l’occasione per, qua e là, abbandonarla e buttarsi all’interno per raggiungere paesini dimenticati da Dio e dagli uomini, paesini nei quali la vita scorre a ritmi non lenti, di più, dove il mezzo di trasporto è, anche qua, l’asino, a dorso del quale si scende a fondo valle a fare la spesa e poi, lenti e pazienti, si risale per tornare a casa. Ad esempio Kosmadei, che si raggiunge dopo una strada irta di tornanti, oppure Kastanea, appena discosta dalla strada principale, dal cui lavatoio pubblico si gode un gran bel panorama della costa. E poi Marathocampos, lassù, a 300/400 metri, nei secoli era rifugio sicuro contro le incursioni di pirati e ottomani. Oggi permette ai suoi abitanti di rimanere immuni dall’invasione dei turisti, nel bene e nel male. Ci passano in pochi, e quei pochi non possono non rimanere sorpresi dalle dimensioni della chiesa, con la cupola blu dai profili bianchi sopra un corpo di mattoni. Per arrivare alla costa, però, si può passare anche per Koumeika, un altro paesino nel quale di turisti ne vedono davvero pochi, la cui plateia presenta in un angolo, vicino al bar, un pozzo–fontana che risale al 1882 con il frontespizio in marmo decorato.

Ancora a proposito della parte occidentale dell’isola. Non esiste una strada che la percorra tutta seguendo la costa. L’unico modo per vederne più parte possibile è partire da sud, da Omos Marathocampou, toccare Votsalakia e quindi avanti. Sono un bel po’ di chilometri con qualche chiesetta qua e là per arrivare fino a Drakei. Verificate quanta benzina avete nel serbatoio: lì non sappiamo proprio chi verrebbe in vostro soccorso! E questo, ahilui, è anche il motivo per cui pure il Pinguino ha dovuto rinunciare, fermandosi, appunto, a Votsalakia. Ma di questo ne riparleremo fra poco, nel capitolo dedicato alle spiagge.

Da Pythagorio a Karlovassi

Interessante da percorrere è anche la strada che congiunge Pythagorio e Karlovassi, tagliando trasversalmente l’isola. Tanti i paesini che si incontrano e tanti anche i camion dei pompieri di guardia: il grande nemico dei greci non sono più i turchi, come pure verrebbe da credere data la quantità di installazioni militari sull’isola (e non solo su quest’isola, ma in tutto l’Egeo…), ma le fiamme. Le cronache lo hanno riferito più e più volte, purtroppo, negli ultimi anni. Lungo questa strada il Pinguino consiglia due o tre soste.

Ad esempio, a circa tre chilometri da Chora verso Karlovassi, si deve svoltare a destra e salire al monastero di Timiou Stavrou, il più visitato dell’isola: oltrepassata una porta di legno, sulla destra troverete una fontanella a due bocche e al muro sono legati due bicchieri per i pellegrini assetati. La fontana è decorata con l’immancabile aquila bicipite, simbolo del patriarcato ortodosso. In fondo, di fronte, l’edificio che ospita i monaci. Sotto gli archi del primo piano, due simandra, tavola lunga e stretta, l’una di legno, l’altra di ferro. Erano usate per chiamare la preghiera quando, sotto la dominazione ottomana in Grecia e a Cipro, era vietato l’uso delle campane. Oltre il monastero, però, la strada prosegue. E arriva a Mavratzei, paese fortemente colpito dagli incendi del 2000: a Mavratzei troverete un paio di botteghe artigiane di maestri vasai che hanno scelto di vivere quassù per coltivare la loro arte.

Tornando sulla strada per Karlovassi, anche a Koumaradei val la pena andare a dare un’occhiata ai laboratori artigianali dove si lavora la ceramica. A proposito di vasai e ceramisti.

E poi c’è Pirgos, dove l’attività principale è l’apicoltura e quindi praticamente in ogni casa è possibile acquistare del miele: il produttore più noto tra i turisti è un signore il cui asinello pascola davanti a casa. (Da Pirgos parte una strada verso sud che permette un ampio giro tra gli uliveti davanti alll’isoletta Samiopoula per poi arrivare praticamente all’aeroporto e quindi a Pythagorio: straordinariamente panoramica, non perdetevela. E comunque ne riparleremo…)

Le spiagge

Se siete venuti a Samos non è stato per andare a comprare il miele a Pirgos… No, lo so: siete venuti al mare per godervi il mare. E allora ecco che, a cercarle (ma non è poi così difficile), l’isola offre punti davvero indimenticabili, che vi entreranno nel cuore. Peccato solo che qualche spiaggia sia davvero difficile da raggiungere… Ma andiamo con ordine. E proviamo a fare un tour dell’isola, partendo da Vathi-Samos, e girando in senso orario.

Appena fuori Vathi verso nord-ovest c’è subito Gangou Beach: spiaggia attrezzata (tanto attrezzata che quelli del chiosco fanno perfino il servizio all’ombrellone!), cinta dalla corona degli alberghi, assai piacevole. Ma perché fermarsi qua? Proseguite la strada, seguite il promontorio fino alla punta e poi proseguite ancora. La strada finisce ad Agia Paraskevi e il paesino ha una striscia di spiaggia in sassolini con le tamerici e un muretto che la dividono dalla strada, strada che finisce in fondo al paesino, dove c’è la chiesetta dedicata alla santa. Deliziosa, perfetta per oziare… Sulla strada ricordo un buon ristorantino per la pausa di mezzogiorno. Dietro la chiesetta un sentiero prosegue verso est, la cartina suggerisce la presenza di almeno un paio di spiaggette, ma di fatto è impraticabile, non è battuto e si perde tra la sterpaglia. Piuttosto, alle spalle di Vathi meglio cercare la strada che porta a Mourtià, ecco un’altra spiaggia sul quale ci siamo affacciati per goderci il mare: poca gente, qualche imbarcazione all’ancora in baia ma nessuna taverna. A questo punto per scendere ancora tornate indietro e andate verso sud passando per il monastero di Agia Zoni, che troverete sulla sinistra lungo la strada, anch’esso sufficientemente abbandonato, anch’esso però suggestivo. Superato il monastero, invece di girare a destra per Paleokastro, andate a sinistra per Kerveli. La strada finisce lì, in questa spiaggia con un filo di case (e una taverna) alle spalle. Nuoterete tra le rocce alla destra del golfo in un’acqua però – se ricordo bene – un po’ più fredda del solito.

E arriviamo così alla costa meridionale, dove la regina è, assolutamente, Psili Ammos. Non potete assolutamente perderla, anche se la sua fama è consolidata (vuoi per la sua sabbia finissima, vuoi per l’acqua che degrada dolcemente) e quindi sono in tanti che ci vanno. Davanti a voi la costa turca con il promontorio di Mykale è ad appena un chilometro e mezzo e nel mezzo del golfo disegnato dalla costa dell’isola c’è anche un isolotto minuscolo sul quale sventola orgogliosa la bandiera greca. Le quattro case affacciate sul mare sulla destra offrono una quinta da cartolina al vostro bagnetto e ai vostri giochi in un’acqua da sogno.

Leggermente più a est di Psili Ammos, altre due baiette: la prima è Klima e quella successiva Posidonio: entrambe molto tranquille, affacciate di fronte alla costa turca. Tornando poi verso Pythagorio troverete il laghetto eredità di un’antica salina dove in inverno trascorrono arrivano i fenicotteri.

Sulla costa sud, proseguendo verso ovest, meriterebbe poi un bagnetto Tsopela Beach. Meriterebbe, perché in realtà non è affatto facile arrivarci. Avete presente la strada che da Pirgos scende verso il mare per poi riallacciarsi alla strada principale dalle parti dell’aeroporto? Ecco, a Tsopela si arriva scendendo proprio da quella strada lì, ma è una strada bianca, larga ma difficile, impossibile se avete lo scooter. Serve assolutamente la macchina o il quad. Peccato perché se ci arrivate troverete ad aspettarvi una spiaggia naturale in ghiaia con lastre di roccia ben levigate sulle quali distendervi circondata dal verde.

Sempre lungo la costa sud troverete poi sulle varie piantine altre spiagge suggerite. Ma non si può non andare a Limnionas, oltre Ormos Marathokampou. Sassolini, le solite due-file-due di ombrelloni comunque ben piazzati a debita distanza l’uno dall’altro e un mare che è una piscina: si dice sia la più trasparente dell’intera isola. In più, la solita taverna che occhieggia, in questo caso quella scelta è quella sulla sinistra guardando il mare. Anche questa da non perdere. Sul fronte ovest dell’isola, poi, Mikro Seitani: ci si arriva da nord, da Potami, seguendo la strada costiera che presto diventa sterrata. Quando trovate dei cartelli in legno per Megalo Seitani e Drakei parcheggiate e proseguite a piedi. Vi attende una discesa di una mezzoretta buona ma alla fine troverete Mikro Seitani, una striscia di spiaggia in sassolini chiusa tra le rocce. Un incanto.

E torniamo sul versante nord dell’isola. Karlovassi – lo si è detto – non è proprio quel che si dice un centro turistico. Però, però oltre il paese, a ovest, c’è una chiesetta che guarda il mare, Agios Nikolaos, e giù, dietro la chiesetta, la spiaggia di Potami. Non potete non andarci: vi accolgono un chilometro e mezzo di sabbia e ghiaia a ferro di cavallo. Ma soprattutto non potrete non andare, sulla costa settentrionale, sulle spiaggette di Avlakia, Tsampou (qua si può scendere con la macchina o i motorini per poi godersi il mare trasparente e la baia di sassi), Tsamadou (a una estremità è possibile anche praticare il nudismo) e Lemonakia (con un ulivo sotto il quale sfuggire al sole e davanti il “solito” mare indimenticabile): lascerete il motorino o la macchina nel parcheggio sul ciglio della strada in alto e scenderete a piedi. I signori che riscuotono i soliti 5/6 euro per ombrellone e due lettini gestiscono anche mini chioschi, praticamente dei bar alquanto precari. Tutte queste spiagge hanno però un “difetto”: il sole tramonterà alle vostre spalle e quindi a un certo punto del pomeriggio resteranno in ombra.

Acquisti

Non tornerete a casa senza la coppa di Pitagora, la dikia koupa, la tazza giusta: sfrutta un principio della fisica per cui se la riempirete troppo… (la leggenda vuole che Pitagora la usasse con i suoi allievi per evitare che si ubriacassero). E poi ogni forma di ceramica, la cui produzione è uno dei vanti dell’isola: peccato che sia praticamente introvabile un altro vaso, il maskara bardak che pure sarebbe stato “inventato” da Pitagora. Il maskara bardak ha divesi buchi che vanno tappati con le dita per riuscire a bere senza bagnarsi: solo dagli artigiani di Mavratzei, forse, riuscite a trovarlo. Ma anche il vino di Samos prodotto dalla locale Cantina produttori vale assolutamente la pena, con le diverse qualità di bianco ottenute tutte dalle uve moscato. Impossibile non assaggiarlo, impossibile non avere voglia di portarlo a casa. A Samos si produce anche l’ouzo, di qualità più amabile rispetto al resto della Grecia: il negozio della Frantzescos, uno dei produttori samioti, si trova nella principale di Vathi-Samos.  

Patmos

L’aliscafo parte dal porto di Pythagorio per fare scalo anche a Fourni (isoletta di pescatori dove di tanto in tanto scende qualche raro turista) prima di arrivare alla meta. E voi ci sarete sopra, e vi farete un’ora abbondante di viaggio – non è escluso che incrocerete anche qualche branco di delfini per rendere più indimenticabile il tutto – perché Patmos è uno di quei luoghi in cui si respira forte, fortissimo lo spirito religioso dei greci. Patmos è l’isola di San Giovanni, chi vi scrisse l’Apocalisse, Patmos è l’isola di uno dei conventi più visitati di tutta la Grecia, Patmos non a caso è stata dichiarata dal Parlamento greco “isola sacra” (ragion per cui, tra l’altro, sarebbe vietato prendere il sole in topless e a maggior ragione nudi sulle sue spiagge: “sarebbe” perchè poi pare che ormai anche qua si chiusa un occhio anche se i greci a ‘ste cose ci tengono e hanno anche ragione). Sbarcati a Skala (paesino che comunque merita una passeggiata con le sue casine tutte bianche e con i suoi negozietti un po’ demodée, diciamo anni Cinquanta…), conviene salire con un taxi al monastero di San Giovanni, più in alto. Ancora oggi ospita una ventina di monaci che incontrerete mentre furtivi passano da una cappella alle loro celle. Il luogo merita rispetto anche nelle forme e quindi all’ingresso – se non siete adeguatamente vestiti – vi daranno scialli e pantaloni per coprirvi. Eretto alla fine dell’XI secolo, protetto da possenti fortificazioni, è visitatissimo eppure conserva un’atmosfera di grande spiritualità fin dal piccolo cortile d’ingresso, alla cui sinistra si trova la chiesa principale. Nel museo poi sono conservati manoscritti antichissimi e preziosissimi. Inutile aggiungere che da quassù il panorama sull’isola (due colline, quella sulla quale vi trovate e quella di fronte unite da una striscia di terra larga appena 300 metri) è spettacolare. Poco più sotto il monastero dell’Apocalisse con la grotta della Rivelazione, dove Giovanni ebbe la visione dell’Apocalisse che avrebbe poi dettato a un discepolo.

Kusadasi ed Efeso

(www.turchia.net/siti_interessanti/maggiori_interesse/kusadasi.htm). La Turchia è lì, il punto più stretto sono appena 1500 metri di fronte alla spiaggia di Psili Ammos. Insomma, perché non farci un salto per respirare l’atmosfera dell’Oriente? Kusadasi deve il suo nome all’isolotto che le sta davanti e che vedrete entrano in porto con il battello: il nome significa infatti “isola degli uccelli”. E’ una località turistica che si è molto sviluppata negli ultimi anni: in città c’è una lunga spiaggia di sabbia e nelle vicinanze stanno crescendo villaggi turistici resi ancor più attraenti da una serie di Acqua Park. A giudicare dai bar e dagli annunci nelle agenzie immobiliari la clientela è soprattutto britannica, con una sorta di “specializzazione” per gli irlandesi. Ovviamente gli acquisti migliori si fanno al bazar, nelle vie dietro al lungo mare verso il porto, ma non potrete non fare un salto al mercato del pesce, sul lungomare. Ma Kusadasi è soprattutto la “porta” per arrivare a Efeso. Vi conviene prenotare il tour direttamente dalla Grecia: troverete il pullman ad aspettarvi e con un po’ di fortuna avrete un’ottima guida (al Pinguino è andata così: la guida, un omino sui 50 anni, professore di scuola, appassionato studioso di archeologia e della lingua italiana, era davvero bravissima!). In epoca romana Efeso era la capitale dell’Asia minore e con i suoi 250 mila abitanti una delle città più importanti dell’impero per diventare poi anche uno dei principali centri della cristianità grazie alle predicazioni di Giovanni l’Evangelista e di San Paolo. E a noi, miracolosamente quasi, è giunto ancora molto, per cui scendere lungo la “via dei Cureti”, trovasi di fronte la straordinaria facciata della biblioteca di Celso – che a suo tempo ospitava 12mila pergamene – ottimamente conservata, arrivare ai grandissimi anfiteatri… Insomma, un’altra visita che davvero è imperdibile.

(Il pinguino è stato a Samos nell’estate 2006, viaggiando con il tour operator sloveno Inteleckta e alloggiando a Vathi, all’albergo Galaxy (non male e comunque ottimo il rapporto qualità/prezzo: cercate comunque di farvi dare una stanza con il balcone altrimenti con la sola finestra son dolori!). Le guide consultate durante il viaggio sono state Isole della Grecia (Valardi – Rough Guides), Isole della Grecia (Lonely Planet), Atene e le isole greche (Routard), Isole greche (Le guide blu – Touring club), Samos (Dumont), The Dodecanese and east aegean islands, Rough Guides)

di Guido Barella

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