Quel toro di Osborne, un simbolo

Lo ha disegnato nel 1956 tale Manolo Prieto per l’agenzia di pubblicità Azor e gli ci volle del bello e del buono per convincere i vertici della Osborne sulla bontà della campagna: legare il proprio il nome alla figura stilizzata di un toro. La cantina di El Puerto de Santa Maria celebre per il proprio sherry, (vedi: www.ilpinguinoviaggiatore.it/2012/03/everytime-si-sherry-time-in-andalusia/ ) infatti, storceva il naso, temeva che il pensiero andasse piuttosto agli allevamenti taurini. Alla fine, Prieto li convinse e iniziò a distribuire i suoi tori, alti inizialmente 4 metri ma poi arrivati alla ragguardevole misura di 14 metri, lungo tutte le principali strade di Spagna: furono fino a 500, mentre oggi ne rimangono una novantina, distribuiti comunque abbastanza capillarmente, eccezion fatta per la Galizia, la Murcia, la Cantabria, la Ceuta e la Catalogna, che lo ha bandito considerandolo un simbolo del “colonialismo” castillano. Ma se c’è chi lo ha bandito, c’è però ancor oggi lo vuole. Anzi: nel 2011 il toro Osborne ha perfino varcato il Mediterraneo per essere impiantato a Melilla, enclave spagnola sul mare in terra africana. Sorge sull’altura del quartiere di Cabrerizas, a un niente dalla rete che segna il confine con il Marocco, vicino alla caserma della Legion. A volerlo, quasi a “imporlo”, una petizione popolare lanciata da un’emittente radio locale, Onda Cero, attraverso la trasmissione condotta dal redattore Alfonso Nunez.

Ma il toro Osborne stava per scomparire da tutta la Spagna, figurarsi dai territori d’Oltremare. Accadde nel 1994, quando una legge proibì la presenza di pubblicità lungo le autostrade. Ci furono allora sollevazioni popolari, raccolte di firme, petizioni. E alla fine il toro Osborne ottenne la certificazione di “valore estetico e popolare, per aver superato i confini strettamente commerciali ed essersi integrato nel paesaggio”, ma a una condizione: che scomparisse la scritta “Osborne”, che allora risaltava in bianco sulla nera silhoutte taurina. Che importa: ormai era talmente entrato nell’immaginario collettivo che non era necessario ricordare il nome del prodotto (un po’ come la pubblicità delle sigarette sulle auto di Formula 1 o sui bolidi della Moto Gp…). Del resto una prima volta il toro Osborne venne “indultato”, proprio come, cioè, i tori valorosi nell’arena, già nel 1962 quando un’altra legge impose una distanza minima di 125 metri dalle strade nazionali: fu allora che la silhoutte crebbe, raggiungendo i 14 metri attuali, per essere meglio vista – posizionata in punti strategici, quasi sempre sulla cima di una collina – dagli automobilisti. Quattordici metri di altezza, e altrettanti di lunghezza. Qualche altra misura? Il toro Osborne, impiantato su una base di cemento armato e realizzato con un’ossatura di acciaio, presenta 150 metri di superficie per 4 tonnellate di peso ed è composto da 70 lamine di ferro (per meglio riflettere al sole, dopo i primi esemplari in legno) tenute insieme da 3mila viti e dipinte con 75 litri di vernice nera appena appena “sporcata” da un tocco di azzurro tra il posteriore e la coda per meglio fondersi con lo sfondo del cielo.

Ma poteva il toro, viste le sue ragguardevoli dimensioni (quelle di un palazzo di quattro piani, mica scherzi) e il suo essere posizionato in punti strategici della rete stradale spagnola rimanere immune dagli “attacchi” dei writers, siano essi politicizzati o semplici artisti di strada? Certo che no. E allora ecco che, solo per fare qualche esempio, Greenpeace ha scelto il toro situato vicino all’autostrada A1, poco fuori Madrid, per la propria campagna contro le emissioni nocive da parte delle automobili: ha disegnato una mascherina sul muso dell’animale e gli ha appeso un cartello con la scritta “Stop CO2”, al fianco della firma dell’organizzazione ecologista. A Tudela sono stati invece gli autonomisti baschi a colpire: “Indipendentzia” hanno scritto sul corpaccione nero. A Maiorca, tra Algalda e Montuiri una bella mattina il toro si è risvegliato dipinto con i colori dell’arcobaleno: bandiera pacifista o icona gay? E che dire dell’artista di Caceres Javier Figueredo che ha trasformato il toro della statale 630 in una… mucca pezzata nera con tanto di mammelle? Non solo: la Osborne ha concesso l’utilizzo della celebre silhouette ad artisti di chiara fama per una campagna per la Lotta contro la fame, con opere messe all’asta nel corso di una tournee negli Stati Uniti.

Insomma, il toro Osborne, diventato icona turistica della Spagna, ha già abbandonato le strade per venire riprodotto un po’ ovunque: compare perfino sulle bandiere nazionali vendute nei negozi per turisti oltre che riprodotto su adesivi e mille altri gadget più o meno “tarocchi””, insomma, realizzati senza versare alcun diritto alla celebre cantina di El Puerto de Santa Maria. E allora la Osborne oggi vuole iniziare a sfruttare in maniera intensa il suo celebre marchio: ha calcolato infatti che attorno al suo toro possa svilupparsi un mercato che può valere almeno il 10, 12% per cento delle proprie vendite: tra i licenziatari già oggi figurano importanti multinazionali (la Bic, ad esempio) ma anche marchi famosi in Spagna come gli orologi Ayserco, il gruppo Cristian Lay o le borse Karactermania. Attraverso alcuni di questi (la Ayserco, ad esempio, o la Cristian Lay) il toro ha già così iniziato a conquistare il Sud America o il Messico, ma altri aspiranti licenziatari hanno bussato alla Osborne provenienti dai mercati tedesco, olandese, francese e statunitense.

La Osborne è così diventata famosa grazie al suo toro, ma Manolo Prieto – il suo disegnatore – no. E nemmeno è diventato ricco. “Mio padre diceva sempre scherzando che se l’avesse disegnato negli Stati Uniti ora vivremmo tutti di rendita” ha confessato un giorno il figlio Manuel.

di Guido Barella

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  1. Everytime si sherry time in Andalusia | Il Pinguino Viaggiatore - [...] curiosa, tutta da raccontare, per cui gli abbiamo dedicato un articolo a parte: lo trovate qua, www.ilpinguinoviaggiatore.it/2012/03/quel-toro-un-simbolo/. Dunque, la ...

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