
Vi descrivo un pochino i caffè storici di Trieste.
Partiamo da piazza Unità. E quindi partiamo dal Caffè degli Specchi, quello che è considerato il salotto buono della città, fondato nel 1839 dal greco Nicolò Priovolo. Si chiama così perché, fin dalla sua inaugurazione, i fatti storici più importanti venivano ricordati con delle incisioni sugli specchi o sulle lastre di vetro (oggi ne rimangono solo tre di incisioni…). All’epoca, pensate, qui si potevano leggere ben 48 giornali! Nella Seconda guerra mondiale divenne il quartier generale della marina britannica, la Royal Navy. Attenzione: questo caffè al momento è chiuso per cambio gestione!!!
Poco distante, sulle Rive (piazza Tommaseo 4, o Riva 3 Novembre 5), il più antico caffè di Trieste: il Tommaseo (www.caffetommaseo.com). Raffinato, di un’eleganza tipica viennese, risale al 1830. Lo volle il mercante d’arte padovano Tommaso Marcato che gli diede il nome di “Antico Caffè Tomaso”. Divenne subito un ritrovo per artisti e uomini d’affari, politici e banchieri della Borsa, e poi giornalisti, avvocati, letterati, e per questo venne chiamato la “conventicola dei dotti”. Fu in seguito il cuore dell’irredentismo triestino, tanto che nel 1848 venne ribattezzato dai patrioti giuliani in onore dello scrittore e patriota dalmata Nicolò Tommaseo (tuttora, nelle vetrine interne, troverete sia il panciotto che alcuni scritti del Tommaseo). Agli inizi del Novecento, divenne famoso per aver introdotto una novità come il gelato! Una volta entrati, date un’occhiata anche alle specchiere, fatte appositamente giungere dal Belgio cent’anni or sono. E pensate: qui, su queste sedie di legno curvato, scriveva Italo Svevo. E’ pure ristorante. Sempre aperto.
Se invece da piazza dell’Unità risalite di una manciata di metri, vi troverete in piazza della Borsa e troverete il Bar ex Urbanis: come si legge esternamente dalle vetrate e internamente da un bel mosaico che rappresenta sì figure mitologiche ma anche il mare e la Bora, è del 1832. In passato nota pasticceria cittadina, oggi è uno dei ritrovi preferiti dei giovani (e meno giovani) triestini.
Risalite ancora di pochissimo, e infilatevi nella Galleria che congiunge piazza della Borsa con piazza Verdi: troverete il Caffè che ha dato il nome alla Galleria. Il Tergesteo, anno di nascita 1863, è un altro amatissimo posticino dove i triestini amano sorseggiare il loro caffè, specie d’inverno visto che è doppiamente al coperto! In passato, di giorno veniva frequentato dagli uomini d’affari della Borsa mentre di sera era il ritrovo dell’élite culturale triestina. Sulle vetrate colorate è impressa la storia della città. Il poeta triestino Umberto Saba dedicò a questo Caffè una lirica raccolta nel suo “Canzoniere” (“Caffè Tergeste, ai tuoi tavoli bianchi ripete l’ubbriaco il suo delirio; ed io ci scrivo i miei più allegri canti. Caffè di ladri, di baldracche covo, io soffersi ai tuoi tavoli il martirio, lo soffersi a formarmi un cuore nuovo. Pensavo: quando bene avrò goduto la morte, il nulla che in lei mi predico, che mi ripagherà d’esser vissuto? Di vantarmi magnanimo non oso; ma, se il nascere è un fallo, io al mio nemico sarei, per maggior colpa, più pietoso. Caffè di plebe, dove un dì celavo la mia faccia, con gioia oggi ti guardo. E tu concili l’ítalo e lo slavo, a tarda notte, lungo il tuo bigliardo”).
Siete in Corso Italia: al civico 2 c’è l’Antico Caffè Torinese (www.anticocaffetorinese.it). Risale al 1915 e l’arredamento è opera dell’ebanista triestino Giuliano Debelli: fu lui a occuparsi degli interni di due famosissimi transatlantici, il Saturnia e il Vulcania. Per questo il bar, dalle vetrine alle nicchie al soffitto, ricorda l’interno di una lussuosissima nave passeggeri della Belle Epoque. Dedicato ai gastronauti: il Caffè proporne una selezione di vini, formaggi e mieli del Carso, oltre ai dolci tradizionali triestini. E agli ottimi oli del Consorzio Tergeste Dop.
Da Corso Italia prendete una laterale sinistra, via Dante: al numero 14 ecco il Caffè Stella Polare, accanto alla chiesa serbo-ortodossa di San Spiridione e vicinissimo a piazza Sant’Antonio. Del 1867, nacque come tipico locale austro-ungarico, con stucchi e specchi (in parte ancora presenti), sale da biliardo, per le riunioni e per la lettura. Venne frequentato dalla borghesia e da intellettuali sia triestini che stranieri; con la fine della Seconda guerra mondiale e l’arrivo degli anglo-americani in città, divenne una famosa sala da ballo (e chissà quante ragazze triestine qui si innamorarono dei giovanotti d’oltreoceano….). E qui James Joyce leggeva al fratello il suo “Ritratto dell’artista da giovane”. Oggi il Caffè allestisce mostre pittoriche e fotografiche. Chiuso la domenica.
A questo punto dovete assolutamente ritagliarvi altri dieci minuti di camminata e imboccare via Cesare Battisti. Perché al civico 18 c’è un caffè che è una leggenda a Trieste. Aperto nel 1914, il Caffè San Marco ripropone l’atmosfera tipica dei caffè viennesi: qui ci si ritrovava a leggere i giornali e si giocava al biliardo. Eppure, quasi per la legge del contrappasso, fu anche un vero e proprio covo di irredentisti al punto che qui venivano preparati i passaporti falsi che sarebbero serviti ai patrioti antiaustriaci per scappare in Italia. Per questo venne completamente distrutto dagli Austriaci nel 1915. Riaperto nel 1918, ne divennero clienti abituali Italo Svevo e Umberto Saba. Oggi è facile incrociare la sguardo di Claudio Magris, noto scrittore e germanista. Gli interni, di gusto secessionista, sono da vedere e fotografare: il bancone di legno intarsiato, le maschere ammiccanti, i dipinti – dei nudi – sui medaglioni alle pareti, il ripetersi delle foglie di caffè nelle decorazioni, le specchiere, gli affreschi. “I nudi – scrive Magris parlando del San Marco – sono la metafora dei fiumi friulani, ma anche istriani e dalmati che si perdono nell’Adriatico, il mare di Venezia e quindi di San Marco. Ci sono i tavolini di marmo con la gamba di ghisa che si eleva su un piedistallo sorretto da zampe di leone, quel leone di San Marco, voluto dal primo proprietario non tanto per celebrare il proprio nome quanto per simboleggiare italianità e irredentismo. Molto amato dagli scacchisti il Caffè, per la particolare disposizione dei tavolini, si presenta – conclude Magris – come una scacchiera dove gli avventori sono costretti a muoversi come il cavallo”. Chiuso il lunedì.
Invece, se percorrete dritti dritti tutto Corso Italia, sbucherete in piazza Goldoni. Ancora dritti davanti a voi, ed eccovi in Largo della Barriera Vecchia: al 12 c’è un caffè-pasticceria del 1900. E’ il Caffé Pasticceria Pirona (http://pirona.blogspot.com), e il più noto e grande goloso del reparto dolci fu James Joyce, che – fra una Sacher torte e un bignè alla crema – pensò proprio qui il suo capolavoro, l’”Ulisse”. D’altra parte, Joyce abitava nella stessa strada, al numero 32…. Il locale ha mantenuto l’arredamento Liberty dell’epoca. Potete ristorarvi con una buona tazzina ma sappiate che questo è una sorta di tempio della tradizione più ortodossa della pasticceria triestina: Pirona sforna dolci tipici come presnitz, putizza, pinza, fave, marzapane…. “Percezioni aromatiche e gustative che ritroverete nella memoria delle nonne e bisnonne di questa città”, si legge nel loro sito.
Se volete fare una scorpacciata di caffè, all’Infopoint dell’Ufficio del Turismo del Friuli Venezia Giulia (piazza dell’Unità 4/b) e negli alberghi convenzionati potete acquistare a 3 euro un carnet che vi permette di gustare 6 caffè in alcuni dei Caffè storici che vi ho segnalato (vi daranno comunque mappa e indirizzi, il tutto ben segnalato). Il carnet “Trieste in tazzina” vale 48 ore, non è nominale ma utilizzabile da più persone, se volete. La degustazione si intende al banco. Potete usare al massimo due tagliandi per Caffè.
Ancora una notizia “al chicco”: in via Einaudi 2 (prendete come riferimento piazza Verdi: spalle al teatro è alla vostra sinistra) Illy, l’azienda di eccellenza del caffè triestino, ha aperto la sua prima “illyteca”: sostanzialmente, è la vetrina delle aziende del gruppo. Che poi sono 5: c’è l’Agrimontana, conosciuta per le marmellate, le confetture, la frutta candita e i marroni; la Domori, che produce cioccolato per gourmet; c’è poi l’inconfondibile illycaffé; le miscele di tè della Dammann Frères e il vino dell’azienda vinicola Mastrojanni.
di Donatella Tretjak