La bella greca

Madò in realtà si chiamava Magdalene. Magdalene Mavrogenous, detta, appunto, Madò. Nata nel 1796 a Trieste, dove il padre Nikolaos Mavrogenis, originario delle Cicladi, viveva con la moglie Zacharati Hatzi Badi, nobildonna di Mykonos. Era un ricco mercante, Nikolaos Mavrogenis, appartenente a una famiglia nella quale in molti avevano raggiunto posizioni di alto rango nell’impero ottomano. Lui poi, vivendo a Trieste, porto dell’Impero Austrungarico, aveva respirato il clima liberale, certamente era culturalmente e politicamente molto curioso, se non addirittura attivo.

E Madò, anche. Madò parla le lingue (greco, ovviamente, ma anche italiano, francese e turco). Madò è intelligente. Madò è erudita, a Trieste studia filosofia e storia dell’antica Grecia. Madò è realmente cosmopolita: certo, ha avuto l’occasione di vivere esperienze totalmente impensabili per le sue coetanee greche dell’epoca. Madò ha fascino. Madò è bella. “La bella greca” la chiamano a Trieste.

Quando Madò ha 22 anni è però costretta a tornare in Grecia, a trasferirsi nell’isola di Tinos dove vivono alcuni parenti. Papà Nikolaos è morto. Morto assassinato. La famiglia ha dovuto abbandonare Trieste.

Nelle Cicladi la ragazza cresciuta nel porto franco dell’Impero in cima all’Adriatico scopre i sentimenti che porteranno alla lotta contro l’occupazione ottomana. E la sua vita – fino a quel momento una commedia a tinte rosa – si trasforma in un thrilling fatto di guerra e di spionaggio, d’amore e di gelosie, di ricchezza e di povertà. Di passione e di morte.

Nel 1821 Madò arriva a Mykonos e, impegnando le proprie ricchezze personali, si fa armatrice di due navi da affidare alle forze rivoluzionarie isolane contro gli Ottomani. Anzi, lei stessa partecipa a diverse operazioni di battaglia, a iniziare dalla difesa dell’isola dell’autunno 1822 contro i pirati algerini. A casa questo suo impegno non viene condiviso, la madre stessa non approva la sua scelta di vita: altro deve essere il ruolo della donna nella società dell’epoca. Gli stessi storici greci (solo una forma di machismo?) non parlano di lei nei loro scritti, ma scrittori europei documentano la sua partecipazione a diverse operazioni. Anzi: in Europa cresce il suo mito, rafforzato anche dai rapporti epistolari che Madò mantiene con gruppi di donne parigine che invita a sostenere il movimento filoellenico. “Desidero ardentemente una notte di combattimento come tu desideri una notte di ballo” scrive a un’amica.

E’ in questi anni che conosce Dimitrios Ipsilantis, fratello del principe Alexandros ed egli stesso coraggioso combattente, e se ne innamora ancorché lui non sia proprio un adone: basso, corpulento, piuttosto semplice… E Dimitrios le promette di sposarla, i due nel 1823 si trasferiscono sul Peloponneso, prendono a casa a Nauplia, dove convivono recando scandalo – per usare i termini dell’epoca – con i loro comportamenti (“Il principe corre dietro le gonne di quella donna di Mykonos vestita all’Occidentale” si scrive) e soprattutto contro di loro si scaglia tale Ioannis Koletis, altro personaggio importante di quegli anni, un astuto politico francofilo. Il quale non è certo mosso da ragioni, come dire, morali, ma, semplicemente, non vede di buon occhio un matrimonio che unirebbe due famiglie considerate troppo filorusse, la Russia dello Zar dell’epoca. La casa di Nauplia viene bruciata, tutti i suoi averi rubati, la coppia deve fuggire a Tripoli, nel cuore del Peloponneso. Ma soprattutto Koletis mette in giro la voce del tradimento di Madò con l’inglese Edward Blanquiere e Dimitrios (che poi morirà nel 1832 a 38 anni) a quella voce crede. Cancella la promessa di matrimonio, la coppia si separa. Madò Mavrogenous cade in disgrazia, nemmeno il governatore Ioannis Kapodistrias, un suo sostenitore, può far niente per riabilitarla.

E’ così che Madò si rifugia a Paros, da dove proviene il padre (anzi, proprio la sua famiglia finanziò, il secolo precedente, la costruzione di numerose fontane a Paroikià, fontane tuttora esistenti), abitando in una casa non lontana dalla chiesa della Panagia Ekatontapiliani, la Madonna delle cento porte. E’ ormai sola, senza soldi, e privata anche del riconoscimento delle proprie azioni militari, che pure le avevano anche meritato il grado di generale in capo. “Il mio servizio al mio paese era diverso da quello degli altri ufficiali?” scrive poco prima di morire al re Otto in una lettera archiviata e ignorata come tutte le altre che scrive. E, così, sola, senza soldi e dimenticata, muore, colpita dal tifo.

La “bella greca” si spegne nel 1840, ad appena 44 anni. La storiografia ufficiale proverà a farla dimenticare, ma a Paros e soprattutto a Mykonos sarebbe rimasta per sempre nel cuore degli isolani. Donna simbolo di coraggio, simbolo della lotta per la libertà, raccontata anche in un film del 1971 diretto da Kostas Karagiannis. E i busti eretti nei centri dei capoluoghi delle due isole testimoniano ancor oggi l’amore e la riconoscenza nei suoi confronti.

 

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