José Tomàs, un torero antico

Dedicato a José Tomàs Romàn Martìn. Per tutti, semplicemente José Tomàs.
José Tomàs è oggi il più grande torero vivente. L’uomo che “ha riscritto l’arte del torear con il sangue. Il suo sangue” come ha spiegato un quotidiano di Granada alla vigilia della sua partecipazione alla Feria del Corpus nel 2008. Aggiungeva, nell’estate 2011, il quotidiano valenciano Levante: “Il matador e critico taurino Juan Posada si lamentava, poco prima di morire, del fatto che fosse stato demistificato il pericolo e la grandezza che sono propri dell’arte del torear. Con José Tomàs questa grandezza ritorna al toreo”. “José Tomàs attinge alle sorgenti del classicisimo taurino senza tempo, in una economia di gesti che è il risultato di una purificazione massima – è stato anche scritto -. Il suo toreo, che va all’essenziale, trasmette senza aver bisogno di fioriture o prodezze tecniche. Riconcilia, per una volta, le due componenti tradizionali delle tribune, il grande pubblico amante della bellezza e l’aficionado innamorato del sapere”. Ha aggiunto il quotidiano El Pais: “José Tomás è un artista nella sua massima pienezza oppure è un visionario, un pazzo, un gladiadore? L’interrogativo ha conquistato l’opinione pubblica, e il torero è diventato un oggetto del desiderio, accresciuto per l’alone di mistero che circonda tutta la sua vita. Non parla, si sa che vive a Estepona, ma si nasconde da tutto e da tutti. E mentre osserva silenzioso e guarisce dalle ferite, la polemica cresce”. E ancora, sempre da El Pais: “José Tomás è un grande torero; discusso per la sua genialità e perché ha saputo recuperare l’essenza della fiesta. Un torero antico, eroico, che calpesta talvolta la ragione in funzione del trionfo. Però ha dedicato la vita ai tori. Per questo, tutti parlano di lui. Tutti desiderano vederlo, e le opinioni si dividono. Nemmeno gli esperti sono d’accordo: tutti riconoscono il suo valore e la qualità come torero. Però…” “Come artista è all’altezza dei più grandi della storia” taglia corto il suo biografo Carlos Abella. “José es un torero, exclusivamente” chiosa il suo agente, Salvador Boix. E non c’è bisogno di traduzione.
Certo, c’è anche tanto melodramma in parole come queste. Ma offrono l’idea di come gli spagnoli vivano il mondo della tauromachia. E José Tomàs, el diestro de Galapagar, come è noto nella penisola iberica, ne è anche, come dire, la rappresentazione fisica. Difficile vederlo sorridere. Ha sempre una smorfia, un nonsoché di dramma e consapevolezza negli occhi. Non rilascia interviste, ha un’addetta stampa che filtra tutti i suoi contatti con il mondo. “E’ l’incarnazione di un mondo interiore, profondo e misterioso” ha scritto di lui la rivista Toros.
Nell’estate 2011, il 23 luglio, è tornato alle corride a Valencia dopo un anno e mezzo di assenza a causa di un’incornata terribile, patita ad Aguascalientes, in Messico, quindici mesi prima, quando venne salvato solo grazie alla prontezza di spirito di un banderillero nell’arena che gli tamponò la ferita e, poi, alle abbondanti trasfusioni di sangue cui fu sottoposto in ospedale: “Ieri, Messico, ho mescolato il mio sangue. Non mi posso sentire più messicano e più grato. Grazie, Messico. Grazie alle centinaia di cittadini che sono corsi a donare il proprio sangue” ha detto Tomàs uscendo dall’ospedale. Appunto, melodrammatico.
Il 23 luglio 2011 il ritorno. Non una data casuale, forse. Aveva debutatto nel mondo delle corride esattamente diciotto anni prima, il 24 luglio 1993, a Benidorm: un’esibizione premiata con un’orecchia per ciascuno dei tori affrontati. “Ma nulla fece presagire che quel novillero sarebbe diventato in soli due anni una delle maggiori figure degli ultimi decenni” scrivono i biografi. Eleganza e temerarietà. Applausi e sangue. E la serata di Valencia, la serata del grande ritorno, José Tomàs l’ha di nuovo trascorsa in ospedale per una ferita da incornata all’avambraccio sinistro. Una serata di clamori e di polemiche per un artista del toreo, un matador “che ha un qualcosa di differente che eccita la gente” come ha detto l’impresario Jesus Barrachina. Già, anche polemiche perché la corrida è un rito e anche se ti chiami José Tomàs non puoi reinterpretare a modo tuo la sua sacralità. E allora c’è stato anche chi ha sottolineato che Tomàs a Valencia ha fatto la primadonna uscendo per ultimo per la passerella iniziale e non chiamando i suoi collaboratori per il brindisi ricevuto nel callejon (lo spazio tra le barriere e la tribuna). E ha poi, Tomàs, usato banderillas con i colori del Messico invece che della Spagna. Ahi, verguenza!
Grazie a Tomàs e alla corrida comunque Valencia ha vissuto nell’estate 2011 momenti indimenticabili. Soprattutto per albergatori, ristoratori e operatori turistici in genere: perfino i biglietti dei treni Madrid-Valencia erano in quei giorni esauriti. Il Comune ha valutato in più di due milioni di euro l’impatto economico della Feria di luglio. Di questi, 927 mila euro in biglietti per l’arena: tutti venduti in prevendita con la formula dell’abbonamento (insomma: si era costretti a comprare i tagliandi per tutta la Feria, dai 360 euro in su) eccezion fatta per la quota obbligatoria ai botteghini la mattina dell’evento. Ufficialmente il 10 per cento, in realtà molti di meno. Chi è arrivato per primo ha dormito all’addiaccio due notti, chi è arrivato la mattina della corrida all’alba è rimasto a mani vuote. Anche quei due appassionati arrivati apposta da New York intervistati quella mattina da tutti i network valenciani. Anche il vostro Pinguino. Qualche altro numero? Per gli alberghi e i trasporti gli ospiti taurini hanno speso a Valencia 180mila euro, un milione di euro l’indotto valutato nelle altre attività commerciali. E ancora parlando di numeri: quanto guadagna un torero? Si va dai 35mila ai 120mila euro a serata, ma a suo carico c’è tutta la “squadra” composta da altri quattro uomini. Per José Tomàs è facile immaginare che la cifra schizzi ancor più in alto. Ma lui è un fuoriclasse.
Insomma, rito, spettacolo, emozione. Ma la corrida può essere anche un grande affare. Soprattutto se il torero è José Tomàs. Un artista? Un pazzo? “José Tomás è un torero che ha rivoluzionato il mondo dei tori – è stato scritto -. Un personaggio che non ha fatto altro che recuperare la essenza stessa della tauromachia. Chissà, forse è soltanto un torero. Né più, né meno”.
Ma che la prossima volta le banderillas abbiano i colori della Spagna, mi raccomando.

di Guido Barella

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