Barcellona, a spasso con Gaudì

Una città vivace, effervescente. Questa era la Barcellona della fine del XIX secolo, la Barcellona dell’Esposizione Universale del 1888. Una Barcellona nella quale l’architettura aveva un ruolo fondamentale nella vita cittadina. Essere proprietari di una casa modernista era un segno distintivo dello stato sociale della buona borghesia, apriva le porte dei circoli giusti.

Il critico d’arte Francesc Fontbona ha scritto che “Modernismo è diventata una sorta di parola magica all’interno della cultura catalana (…), che ha assunto un carisma speciale, quasi un simbolo patriottico”. Fino agli anni Dieci del XX secolo, il movimento modernista incise profondamente sull’architettura catalana, ma non solo, toccando anche lealtre arti, andando poi a influenzare pure il pensiero dominante catalano degli anni successivi. Perché il Modernismo ricercava da una parte la modernità, dall’altra la rinascita culturale. Insomma, andava ben al di là del semplice progetto di una casa, di un edificio. Art noveau in francese, Jugendstil in tedesco, Liberty per gli italiani. Il Modernismo catalano si inserisce in questa grande corrente che attraversò l’Europa intera, per certi aspetti anticipando anzi alcuni concetti che si sarebbero poi diffusi nell’intero continente, grazie all’ecletticità dei propri interpreti e allo spirito della borghesia di Barcellona, aperta alle novità e quindi disponibile a commissionare opere ai grandi architetti del tempo. E allora ecco questo trionfo di forme curve e asimmetriche, l’uso frequente, perfino esuberante, di motivi floreali o zoomorfi nelle decorazioni, l’integrazione nell’architettura di altre espressioni artistiche, dalla scultura alla pittura, recuperando – in risposta alla grande industria nascente all’epoca che tutto uniformava – tecniche e materiali tradizionali, il mattone, il legno, il ferro battuto, la ceramica, grazie all’opera di abilissimi artigiani. Il tutto andando a pescare anche nella tradizione arabo-ispanica, il mudejar, riallacciando i fili della storia.

“Si tratta di edifici di una esuberanza esagerata – ha scritto Joan Clos i Matheu, ex sindaco di Barcellona -. Personaggi come Puig i Catafalch, Domenech i Montaner o Gaudì diedero impulso a una architettura intesa come forma d’arte e che come tale puntava a innovare e a sommarsi alle altre nuovi correnti artistiche dell’epoca”.

E allora visitare la Barcellona del Modernismo può essere la chiave per entrare nell’anima di questa città unica, ricca di fascino, vivace, allegra, moderna. Passeggiare con il naso all’insù inseguendo le opere di architetti quali Antoni Gaudì o Luis Domenech i Montaner – per citare le due prime firme, quasi due “prime donne”, in gran competizione tra loro – significa dare un senso particolare a un viaggio, a una vacanza nella capitale della Catalogna. Il turista allora sappia che dal 1997 la municipalità di Barcellona e l’Istituto del Paesaggio urbano e della Qualità della vita hanno lanciato il progetto “Ruta del Modernisme“, mettendo a disposizione un’utile guida – peraltro nel 2011 non ancora disponibile in lingua italiana: in futuro chissà (è un piccolo mattone da portarsi appresso, visto il suo peso, ma ne vale la pena) – allegata a una mappa e a un carnet di biglietti che assicurano sconti agli ingressi delle diverse opere che si incontrano lungo l’itinerario. La guida costa 18 euro e viene venduta a uno sportello apposito all’interno dell’Ufficio (“oficina” in spagnolo) del turismo di plaza Catalunya, nel cuore della città. Esiste anche un sito che è possibile consultare, www.rutadelmodernisme.com, in catalano, spagnolo, inglese e francese.

La via del Modernismo propone 118 opere: palazzi (molti dei quali privati e quindi abitati, per i quali dunque si ammirano le linee dall’esterno), musei, chiese (su tutte, l’ancor oggi incompiuta Sagrada Familia), gli alberghi, locali pubblici e negozi (non tutti rimasti tali) fino al tram blu che sale fino alla teleferica del Tibidabo e allo straordinario Parco Guell.

Pianificando la propria visita alla Barcellona del Modernismo – guida e mappa alla mano – ci si deve ricordare che in pratica, pur con qualche deviazione, il percorso parte dalla Rambla per risalire fin quasi a plaza de Catalunya, si sposta quindi sulla destra per l’irrinunciabile appuntamento con il Palazzo della Musica catalana e quindi si riaffaccia su plaza de Catalunya per imboccare Passeig de Gracia, il grande viale sul quale si affacciano – tra le altre – Casa Battlò e la Pedrera e che è costellato dai lampioni (i “bancs-fanals”) disegnati nel 1906 da Pere Falques e restaurati a cura del Comune negli anni Ottanta. Impossibile, fra le 118 opere censite e documentate, fare ovviamente una scelta. Per la Barcellona del Modernismo è necessario mettere in preventivo minimo minimo due giornate piene (ma attenzione: in stagione ci sono anche lunghe code negli edifici più visitati, rassegnatevi in partenza perché comunque valgono la pena e ricordatevi che al mattino le opere principali non aprono prima delle 10, ma verificate in precedenza gli orari: gli spagnoli sono spesso sorprendenti, da questo punto di vista), anche se la Guida suggerisce di mettere a disposizione – per vedere tutto, ma proprio tutto – dai quattro giorni alla settimana. Esiste però anche la possibilità di concentrare in una giornata la visita, opzione contemplata dalla Guida stessa. E cercate anche il depliant dedicato al “Modernismo de noche“, una “ruta nocturna de tabernas y artistas modernistas“, itinerario che tocca otto locali cittadini: c’è anche un tour organizzato il venerdì alle 21.30 in spagnolo e il sabato alle 19.30 in inglese (17 euro, con due consumazioni incluse, bisogna avere più di 16 anni).

Al di là però di quello che la Guida dice, ecco qualche appunto raccolto dal Pinguino su quelle che sono le tappe assolute della Ruta del Modernismo.

Dunque, partiamo da dove il movimento del Modernismo nacque, dalla Rambla, anzi da una viuzza laterale della Rambla (Nou de la Rambla, dove al numero 34 è d’obbligo gettare un’occhiata anche al London Bar), per visitare Palau Guell, la prima opera realizzata da Gaudì a Barcellona: è stato costruito tra il 1885 e il 1889 ed è, appunto, il primo segno del Modernismo in città. Prima di entrarvi, dedicate qualche secondo ad ammirare l’esterno, la facciata. Poi, una volta all’interno, godetevi piano per piano tutto il palazzo, fino alla terrazza e ai suoi fantastici camini sui quali sembrano camminare le salamandre. Sulla Rambla poi, ammirate il teatro Liceu, “vivete” il mercato della Boqueria con la sua straordinaria esplosione di colori e profumi (imperdibile farsi un bicchiere di sangria ai banchi della frutta: la giornata sarà più allegra…), e poi lasciate correre gli occhi sulle facciate e, laddove è possibile, sugli interni di bar (ad esempio il Cafè de l’Opera, al numero 74), alberghi e farmacie (la Bolos, Rambla de Catalunya 77). Ma soprattutto fate caso al negozio che si trova al civico 72: è l’antica Camiseria Bonet, fondata nel 1890. Bene, nel 2002 ha cambiato proprietari e oggi vende magliette tarocche delle squadre di calcio e souvenir vari (di bassa lega). Sic transit gloria mundi.

Lasciata la Rambla, sulla strada del Modernismo (segnata da piccole mattonelle rosse – verdi per le opere citate nel percorso da un giorno – sul marciapiede: non potete sbagliare, anche se nell’intrico di viuzze del centro la cartina che vi avranno dato con la Guida non è precisissima), ci si imbatte nel birreria Els Quatre Gats (Montsiò 3): a cavallo del ’900 era il punto di riferimento per artisti e uomini di cultura catalani. Il proprietario dell’epoca, tale Pere Romeu, è dipinto in abiti coloniali su un tandem assieme a Ramon Casas, uno dei grandi pittori modernisti che così ci ha lasciato il proprio autoritratto (ma il quadro affisso nel locale è una copia: l’originale si trova al Mnac, il Museo nazionale di arte catalana al Montjuic). E poi, appunto, il Palazzo della musica catalana (Sant Francesc de Paula 8, si accede solo con visita guidata a 18 euro, ridotti 14 euro, dalle 10 alle 15.30, in estate fino alle 18, sito internet www.palaumusica.cat). Se Palau Guell è il punto di partenza dell’esperienza del Modernismo a Barcellona, il Palazzo della Musica è il punto di arrivo, essendo stato inaugurato nel 1908. E se Palau Guell è firmato da Gaudì, il Palazzo della Musica è invece il capolavoro di Domenech i Montaner. L’emozione dei colori della “campana inversa” in vetro colorato al centro del soffitto della sala da concerto è assolutamente unica. E indimenticabile. “E’ come un sole tiepido che illumina ma non brucia” è stato scritto.

A questo punto si è pronti per tuffarsi in Passaig de Gracia, un grande viale percorso ininterrottamente da un fiume di auto, autobus e taxi, i caratteristici taxi gialloneri barcellonesi. E in Passaig de Gracia, lo si è detto, i punti di riferimento assoluti sono Casa Battlò e la Pedrera. La prima (al civico 43, visite dalle 9 alle 20, chiusura Natale e Capodanno, sito internet www.casabattlo.es) era l’abitazione di Josep Battlò, imprenditore tessile che nel 1904 affidò a Gaudì l’incarico di ammodernare l’edificio, eretto 34 anni prima. Modernismo è, si è detto, tra l’altro un uso “esagerato” di linee curve e asimmetriche: ebbene, in Casa Battlò non c’è un-angolo-retto-uno. Una sosta ammirata la merita il salone che si affaccia sul viale mentre l’audioguida aiuta a scoprire anche gli intelligenti giochi con il legno sulle porte per assicurare la giusta areazione a tutte le stanze. E poi, anche in questo caso, la terrazza sul tetto… Ma l’occhio non può non cercare tutti i particolari, anche i più (apparentemente) insignificanti. E i mobili: disegnati essi pure da Gaudì, sono in parte qui e in parte al Museo nazionale dell’arte catalana. Inutile dire che ci si deve fermare anche in strada, naso all’insù, a bearsi della facciata dell’edificio: assolutamente impossibile da descrivere! Poco più in su, la Pedrera (al civico 92, angolo con Provença, orario 10-20, ultimo ingresso alle 19.30, chiusa l’1 e 6 gennaio e il 25 e 26 dicembre, sito internet www.fundaciocaixacatalunya.org), l’ultimo edificio a uso abitativo firmato da Gaudì. Committente dell’opera, tale Pere Milà, raccontato come un dandy della Barcellona dell’epoca, uno dei primi ad acquistare un’automobile in città. Pure in questo caso fondamentale è il primo colpo d’occhio esterno. Una volta dentro, godetevi poi l’ampio spazio interno prima di salire con l’ascensore alla terrazza, con quei camini tanto folli quanto affascinanti. E per nulla banali: la loro forma è dettata dagli studi fatti per garantire l’areazione e lo sfiato migliori a beneficio dei piani sottostanti. Quindi, si scende, passando per un appartamento rimasto così come era oltre cent’anni fa. Si trova qua, nel sottotetto, lo Spazio Gaudì, dedicato alle opere del maestro: tutto da gustare passo dopo passo.

In una parallela di Passaig de Gracia, Balmes, al numero 48, si trova, in un palazzo modernista progettato da Enric Sagnier tra il 1902 e il 1904, il Museu del Modernisme Català (dal lunedì al sabato dalle 10 alle 20, biglietto adulti 10 euro, www.mmcat.cat). Non lo trovate nel percorso ufficiale della Ruta perché è un’istituzione privata, ma merita assolutamente la visita. E’ stato aperto nel 2010 e presenta il materiale collezionato a partire dagli anni settanta da Fernando Pinos e Maria Guirao. Disposto su due piani, il museo presenta oggi circa 350 opere di 42 tra i principali artisti del Modernismo catalano.

Nel quartiere, comunque, decine e decine sono poi le altre case da osservare con attenzione prima di cercare un autobus della linea 92 e arrivare al Parco Guell (da novembre a febbraio apertura dalle 10 alle 18, marzo e ottobre dalle 10 alle 19, aprile a settembre dalle 10 alle 20, da maggio ad agosto dalle 10 alle 21), ovvero in quello che viene ricordato come il sogno urbanistico (ancorché fallito) di Gaudì. Guell acquistò i terreni nel 1899 e li affidò alla matita del celebre architetto per realizzare una sorta di città-giardino. Non si trovarono però compratori e di fatto il progetto fallì. Ma… Ma ci resta comunque un parco straordinario e la terrazza che si affaccia su Barcellona è un sogno modernista con le panchine ricoperte di mosaici di ceramica capaci di emozionare: quelle curve in movimento, quell’ondulazione serpeggiante (come viene descritta dai criti d’arte) rappresentano la cifra stilistica dell’interno parco, dell’intera opera di Gaudì verrebbe da dire, ma qua vivono la loro esplosione massima. E ci restano la casa museo di Gaudì ma soprattutto, a uno degli ingressi del parco, di fronte alla celebre salamandra dai mille colori, quei due villini marroni che sembrano di marzapane, quasi un tuffo nella favola di Hansel e Grethel che ispirò dichiaratamente il maestro.

E una volta che siete qua vi trovate a non troppa distanza dalla stazione di partenza del tram blu, ovvero il mezzo più fascinoso per salire verso la collina del Tibidabo in servizio dal 29 ottobre 1901. I mezzi ancora in servizio sono 6 e percorrono un tragitto di 1.276 metri in cui superano un dislivello di 93 metri a una velocità media di 10 km/h. La linea fu inaugurata il 29 ottobre 1901 ed è stata rinnovata con una serie di interventi condotti tra il 1981 e il 1990.

E per chiudere in bellezza, un discorso a parte lo merita la grande incompiuta, la Sagrada Familia (Mallorca 41, da ottobre a marzo dalle 9 alle 18, da aprile a settembre dalle 9 alle 20; il 25 e 26 dicembre e l’1 e 6 gennaio chiude al pomeriggio, sito internet www.sagradafamilia.org). La prima idea di costruire un tempio in quel luogo risale addirittura al 1869. Di evento in evento si giunge al 1891 quanto Gaudì iniziò l’opera di edificazione della facciata: sognava una cattedrale la cui torre centrale sarebbe stata alta 170 metri. Le guide raccontano che il tempio è da considerare una sorta di Bibbia in pietra visto l’incredibile numero di simboli che Gaudì ha voluto raffigurare. Di fatto, sebbene poi il tempio sia stato inaugurato ufficialmente da papa Giovanni Paolo secondo, la Sagrada Familia è tuttora un’incompiuta: a oltre un secolo dall’inizio della sua costruzione, è terminata al 60%. E questo perché i lavori di edificazione vengono portati avanti esclusivamente con quanto si ricava dai biglietti d’ingresso. Gaudì disse che “la Sagrada Familia è un’opera nelle mani di Dio e nella volontà del popolo”. L’immensa chiesa (che potrebbe essere finita entro il 2030) potrà accogliere 8000 persone su una superficie di 4500 metri quadri (1100 i cantanti del coro!). All’esterno, si devono ancora costruire dieci torri e la facciata principale, quella della Gloria.

di Guido Barella

(Il Pinguino ha effettuato l’ultima visita a Barcellona nel luglio 2011)

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