Arriva lo Skopelitis, ed è festa in ogni porto

E all’improvviso la banchina del porto si anima. C’è chi aspetta i parenti o gli amici, ci sono gli albergatori e gli affittacamere con i loro minibus che ricevono i clienti agitando i cartelli di riconoscimento, c’è chi coglie l’occasione per salutare un conoscente anche diretto altrove che a sua volta ne approfitta per scendere qualche minuto a terra, c’è – ma solo nei due mesi caldi dell’estate – il militare della Guardia costiera che, fischietto in bocca, sovraintende all’attracco, ci sono gli addetti al fissaggio delle cime alle bitte. E c’è pure chi non aspetta proprio nessuno e non ha niente da fare lì al porto, eppure scende al molo per respirare quell’atmosfera allegra e sempre un po’ concitata che si respira in queste occasioni.
L’arrivo del traghetto nelle piccole isole dell’Egeo – a tutte le ore del giorno e della notte – è sempre una festa. La sagoma della nave appare all’orizzonte e la banchina, fino a quel momento deserta, deserta come poi sarà per il resto della giornata, si anima. E pian piano che la nave si avvicina il brulichìo si fa sempre più incessante mentre si avverte già quella musichina elettronica, quasi un mantra, che accompagna l’apertura del portone che spalanca il ventre del traghetto. Quando avviene l’attracco i marinai hanno già fissato le paratie laterali, le auto hanno già il motore acceso, chi viaggia a piedi ha già le valigie in mano. Sopra, alle balconate dei ponti, gli altri passeggeri sono tutti affacciati per non perdersi lo spettacolo. Nei porti più piccoli, poi, dove la nave con tutta la sua imponenza appare perfino più grande quasi dell’isola stessa, talvolta nemmeno vengono fissate le cime alle bitte. E pazienza se a scendere o salire dovranno essere anche auto e camion. In quei pochissimi minuti di sosta il capitano si esibisce in un’operazione di surplace da far invidia ai ciclisti impegnati nelle gare di inseguimento su pista mentre il marinaio della Guardia costiera con il suo fischietto mette fretta ad automobilisti e camionisti che fanno lo slalom tra i passeggeri che arrancano con le loro  valigie.
Poi, mentre accompagnato dalla sua solita, ossessiva musichetta elettronica, il portone si rialza nascondendo il suo grande garage, la nave, alzando con i suoi motori schiumosi sbuffi d’acqua, riprende il largo, con la stessa velocità il molo si svuota. I minibus dei turisti sono già ripartiti, amici, parenti, abitanti di ritorno a casa allungano la coda di auto che risale verso il paese, i semplici curiosi si attardano al bar del porto, con la sigaretta in bocca, il kolomboj (quella specie di rosario corto, e in effetti come tale era nato perdendo poi ogni significato religioso, che ogni maschio adulto greco possiede) da far girare annoiati tra le dita e il frappè (la fresca bevanda a base di nescafè) appoggiato sul tavolino.
E’ uno spettacolo che va in scena, nelle piccole isole dell’Egeo, non più di quattro volte al giorno. Un paio, massimo il doppio, gli attracchi della grande nave, sia una Blue Star, una Nel o una Anek.
E poi, nelle piccole Cicladi, l’Express Skopelitis. Un mini-traghetto (quattro, cinque auto la massimo la sua capienza)  oggi, un caicco ieri, il “Panormios”, quando, nel 1956, Dimitri Skopelitis da Koufonissi, conosciuto come Mitsos – marinaio per vocazione, violinista per passione – ha avviato il servizio postale collegando Naxos a Katapola, sull’isola di Amorgos, dove torna tutte le notti per ripartire la mattina successiva tutti i santi giorni dell’anno domeniche escluse. C’è il “giro corto” che il martedì, giovedì e venerdì tocca solo Iraklia, Schinoussa e Koufonissi mentre il “giro lungo” (lunedì, mercoledì e sabato) approda anche a Dounussa e ad Aegiali. Il regista Manolis Kazamias nel 2008 gli ha dedicato un film, “Express Skopelitis, mother of the Islands”(ma guarda anche  www.youtube.com/watch?v=ZxrL_gd9lx0), gli italiani Giovanni Perotti e Mila de Franco un libro ricco di belle foto d’epoca, “Scopelitis’ story, la metropolitana delle Microcicladi”. L’Express Skopelitis che oggi scivola sulle acque dell’Egeo affidato al figlio di Mitsos, Yanni, elegante nella sua livrea bianco-blu (ma la scritta “Small Cyclades Lines” sulla fiancata venne dipinta nel 2010 in biancorosso per festeggiare la vittoria nel campionato greco di calcio dell’Olympiakos, la squadra del Pireo che ha il suo bacino di tifosi proprio nelle isole), è l’ultimo esemplare di una flotta che inizialmente non prevedeva il trasporto di auto: figurarsi, ad esempio a Iraklia o a Schinoussa non c’erano nemmeno i moli come li vediamo oggi, anzi in qualche caso  il trasbordo avveniva al largo della costa su barche più piccole per arrivare a riva proprio perché non c’era alcun tipo di approdo.
Giorno dopo giorno, sin dalla metà degli anni Cinquanta lo Skopelitis è la certezza che di porto in porto dà eco alle notizie delle isole vicine, il metronomo attorno al quale è organizzata tutta la vita quotidiana, perché assicura il collegamento con l’isola “grande” (Naxos, dove c’è anche l’ospedale, dove trovi tutto quello che ti serve), perché recapita la posta, trasporta i rifornimenti per i negozi, i materiali per costruzione e, in estate, accompagna i turisti. Perché, al diavolo l’aereo, sulle isole si “deve” arrivare con il traghetto, viaggiando fianco a fianco alle vecchiette vestite di nero che sono state a trovare qualche parente all’ospedale, agli uomini che sono andati per uffici nell’isola “grande”, agli studenti che tornano a casa per il fine settimana, agli emigranti che riabbracciano la loro isola dopo un volo transoceanico.
A proposito, non cercate su Internet il sito della Skopelitis. Non esiste, non ne hanno bisogno. Qua, nelle Piccole Cicladi, le notizie vengono trasmesse ancora di bocca. Non hanno bisogno – come direbbe De Andrè – di alcun giornale. E tanto meno dei computer.

(Guido Barella)

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