Ad Amphipolis, sotto l’occhio del Leone

L’autostrada è quella che corre da Salonicco verso il confine con la Turchia, poco traffico e qualche tir bulgaro. Un centinaio di chilometri e poi ecco l’indicazione dell’uscita: Amphipolis. La strada rimane bella larga anche procedendo verso Nord e lasciando alla sinistra Nea Amphipolis, la Nuova Amphipoli che in realtà è un pugno di case, una trattoria e un distributore di benzina. Una breve salita e poi l’avvallamento dall’altra parte: di fronte a voi, la collina di Kasta, quella che gli archeologici sperano nasconda il sepolcro di Alessandro Magno (leggi anche qua: www.ilpinguinoviaggiatore.it/2014/11/amphipoli-sulle-tracce-di-alessandro-magno).

Ma Amphipoli è molto di più di una semplice collina la cui cima è controllata dai guardiani giorno e notte. Molto di più ma anche, per molti versi, molto di meno… Già, perché da queste parti sembra quasi che – incredibilmente visti i servizi quotidiani su tutte le televisioni greche, gli articoli sui quotidiani di tutto il mondo, gli inserti dedicati dai giornali di Atene che hanno rispolverato perfino vecchi dvd pur di vendere qualche copia in più – l’effetto Alessandro Magno non si sia ancora fatto sentire. Per salire la collina si può girare a destra imboccando una stradina tra i campi che, se non ha piovuto, permette di arrivare fino in cima abbastanza agevolmente. Se invece ha piovuto e non avete un fuoristrada, meglio parcheggiare sul bordo di un campo e proseguire a piedi. Ma nessuna freccia, nessuna indicazione vi aiuterà. E allora in molti passano oltre la “Collina del mistero” e arrivano a Nea Messolakia, il piccolo paese che sorge alle pendici settentrionali della collina dove gli abitanti osservano con un certo sbigottimento il via vai di auto di turisti che soprattutto nel fine settimana corrono sin qua alla ricerca di emozioni antiche. C’è anche un piccolo bar, uno di quei locali metà cooperativa metà centro sociale che ci sono ancora anche nei nostri paesi più piccoli, ma non pensate di risolvere qua il problema del pranzo, né tanto meno quello del dormire: anzi, per un albergo si deve arrivare a Drama o a Serres, nell’interno verso il confine con la Bulgaria, oppure proseguire lungo l’autostrada fino a Kavala (sono una quarantina di chilometri, ma comunque ne vale la pena).

Se sulla collina di Kasta stanno ancora scavando sotto la guida dell’archeologa Katerina Peristeri (la ricercatrice che sta proseguendo l’opera avviata negli anni ’60 ma ripresa con vigore solo nel 2011 è ormai una vera e propria celebrità in Grecia), prima, sempre sulla destra della strada, a mezza costa di un’altra collina lo hanno già fatto, hanno già scavato: qua c’è quella chiamata Tomba Basidas. Ma se avete la sfortuna, come noi, di arrivarci dopo una forte pioggia è impossibile salirci: la strada non è assolutamente percorribile perché qua la terra è fortemente sabbiosa e quindi prima di essere inghiottiti dal fango i turisti devono fare mestamente marcia indietro…

Ad Amphipoli-paese, sulla sinistra, invece, mal che vada potete rifarvi gli occhi con il delizioso Museo archeologico locale. Magari è più ricca la sala dedicata ad Amphipoli dal Museo di Kavala, ma anche qua potete farvi un’idea sufficientemente chiara della ricchezza di questa area, la cui fortuna è stata fatta dal fiume Strymonas che lento scivola poco più a ovest e che ha reso fertile l’ampia vallata. Una storia che affonda le sue radici nel 437 a.c. quando questa colonia venne fondata dagli ateniesi nel sito dove era già presente un villaggio trace, vicino a importanti giacimenti d’oro: fu poi con Filippo il Macedone (il padre di Alessandro Magno) che nel 357 a.c. divenne uno dei centri principali della Macedonia. Poi, nel 31 a.c., divenne perfino sede della flotta romana di Marco Antonio e di Cleopatra. Dunque, il museo: ospita oggetti, piccole statue, monili (assolutamente meravigliose le corone in oro, che magari avrete già visto anche a Kavala o a Filippi ma che anche qui non mancano) in uno spazio di poche decine di metri quadrati.

A questo punto – lasciato il museo e annotato che anche nel piccolo bar di fronte al museo fuori stagione è pressoché impossibile mangiare: non è che brillino per spirito imprenditoriale da queste parti… – ci si mette alla ricerca delle altre testimonianze del tempo di questa area così magica. Del resto già all’ingresso del paese fa buona guardia una torre bizantina (al momento della nostra visita in restauro). Sul lato nord, sul fiume Strymonas, ecco quindi il ponte di legno. Sempre proseguendo la strada lungo il fiume si trovano poi le testimonianze di quello che erano le lunghe mura che proteggevano la città. Se invece restate in paese e dal museo prendete la strada principale verso la collina, e cioè verso Sud, arrivate all’area romana con i resti di quelle che erano le cattedrali della prima era cristiana. Il problema è che – se riuscite a entrarvi e già questa è un’impresa perché l’area è spesso e volentieri chiusa… – l’unico cartello esplicativo non è particolarmente chiaro e quindi fate un po’ di difficoltà a orientarvi. Sono comunque i mosaici a fare qui la parte del leone , molti dei quali molto ben conservati. Proseguendo ancora lungo la strada sulla quale si affaccia l’area romana, passando dall’asfalto allo sterrato (attenzione: non cercare indicazioni o frecce, semplicemente non ci sono), vi imbattete dopo poche decine di metri nella struttura che protegge i resti della Casa Ellenistica. Anche in questo caso – è una tragica costante! – rischiate di trovare la porta chiusa, ma ci sono degli spazi negli angoli dai quali tirando l’occhio potete ammirare le bellissime decorazioni geometriche della stanza “alfa”: la scoperta archeologica è del 1982 e affascinanti sono proprio le decorazioni sulle pareti, nei colori rosso chiaro e scuro, verde, giallo, marrone chiaro e scuro e nero. Non lontano dalla Casa Ellenistica si trova poi la spettacolare area del Gymnasium. Per trovarla dovete inventarvi esploratori, perché ovviamente nessuno ha pensato di metterci uno straccio di freccia… Comunque, superata la Casa Ellenistica, dopo una curva a destra, vedrete un viottolo partire sulla sinistra: tenetevi ancora sulla sinistra e dopo poche decine di metri arriverete all’area di scavo, che è stata di recente tutta coperta e recintata. Peccato che anch’essa sia spesso e volentieri chiusa. Se invece riuscite a entrarvi vi troverete immersi in un vero e proprio centro sportivo dell’antichità nel quale non sarà impossibile riconoscere piste, palestre e spogliatoi. Se siete anche appassionati di sport, beh, l’emozione è davvero forte.

Lasciando il Gymnasium e puntando decisamente a Sud in poche centinaia di metri si sbuca in mezzo a Nea Amphipolis. Girate a destra: superato il ponte sullo Strymonas, svoltando a sinistra, ecco quello spettacolo che è il Leone di Amphipoli. Risalente al IV secolo a.c., i primi frammenti sarebbero stati scoperti sulla riva destra del fiume, vicino al vecchio ponte, da alcuni soldati greci nel corso della Guerra Balcanica (1912-1913). Più tardi, altri frammenti che ora vanno a comporre il Leone sarebbero stati scoperti da soldati inglesi accampati nella zona nel corso della Prima guerra mondiale. Infine, ulteriori frammenti leonini vennero alla luce negli anni Trenta nel corso di lavori lungo il letto del fiume. Ma il Leone verrebbe proprio dalla collina di Kasta, anzi sarebbe stato eretto in cima alla collina, “a guardia” dei preziosi sepolcri conservati nel tumulo. Del resto, l’imponenza della scultura (5.30 di altezza, sopra un piedistallo alto altrettanto!) parla da sola circa la sua importanza.

Con negli occhi il Leone di Amphipolis a questo punto potrete godervi un pranzetto nell’unica trattoria di Nea Amphipolis, sulla sinistra tornando verso l’autostrada, l’unica struttura commerciale dell’intera area che sembra aver capito l’immensa occasione anche turistica che si sta giocando in questi mesi grazie alle ricerche nella collina di Kasta. Niente di che, ma la carne qua è buona e i souvlaki generosi…

(Ultimo viaggio ad Amphipoli effettuato nel novembre 2014)

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(Guido Barella)

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