
Una giornata nel verde. Il verde carico, intenso, declinato in mille sfumature dei boschi. E il verde smeraldo dell’Isonzo che scorre là sotto. Il treno sbuffa, ansima, ma va su, supera i ponti e si infila nelle gallerie. Da Gorizia a Bled, per un tuffo in un mondo che ha il sapore antico dell’Impero austroungarico.
Il treno storico percorre i binari della ferrovia Transalpina (per gli sloveni “Bohinjske” in onore del lago di Bohinj toccato lungo il percorso) una decina domeniche all’anno, tra la primavera e l’estate. La locomotiva, la “25-026″, è uscita dalle officine meccaniche di Vienna nel 1920. Le carrozze che si trascina dietro sono ancor più vecchie, qualcuna ha superato allegramente i cent’anni. E i cent’anni li ha superati anche questa linea ferroviaria, nata per collegare Vienna a Trieste: il viaggio inaugurale fu compiuto il 19 luglio 1906 con a bordo sua altezza l’arciduca Francesco Ferdinando. In questi 89 chilometri tra Jesenice (Essling in tedesco) e Gorizia, oggi Nova Gorica, visto che la stazione della Transalpina (all’epoca la Gorz Staatsbanhof) è rimasta dopo le seconda Guerra mondiale appena di là del confine – poi, altri 55,700 chilometri e
si arriva a Trieste Campo Marzio – ci sono 28 gallerie mentre altre quattro sono a vista. Allora, agli albori del ‘900, ci impiegarono cinque anni a realizzare l’opera con l’impiego di qualcosa come 70mila uomini. Un nastro di binari e qualche record. La galleria più imponente è quella di Piedicolle, 6339 metri – ma oggi sono 12 di meno –, superando pendenze del 25×1000: venne firmata da un costruttore friulano, Giacomo Ceconi. Oppure il ponte di Salcano: 85 metri di luce, la più ampia arcata in pietra tagliata al mondo, fatto saltare nel 1916 dagli austriaci in ritirata e ricostruito tale e quale dagli italiani undici anni dopo.

Il treno va, corre sbuffando partendo da Gorizia centrale (in Italia quindi, in modo da cogliere le coincidenze con i treni da Venezia, via Udine, e da Trieste) alle 8 di mattina, supera il confine poco prima della stazioncina di Vrtojba/Vertojba, arriva alla stazione Transalpina, fa salire altri viaggiatori e poi su, superando il ponte di Salcano, si infila tra i boschi e giocando a fare lo slalom con l’Isonzo con i ponti a fare da paletti. E poi ecco Santa Lucia di Tolmino (Most na Soci in sloveno) dove la vecchia locomotiva si ferma a riposare. Dieci minuti per fare il carico di acqua. Da lì si imbocca la valle dell’Idria e si arriva alla galleria di Piedicolle. Era qua il confine dell’Italia tra le due Guerre. Di là – mentre sul treno l’atmosfera è resa ancor più allegra da un’orchestrina folk ed è possibile anche ottenere l’annullo filatelico speciale – , il parco del Tricorno, la vetta simbolo della Slovenia, per arrivare a Bohinj. E, infine, Bled.
Ah, Bled: un magico luogo delle fiabe, sulle sponde di un piccolo lago con al centro un isolotto raggiungibile sia con le caratteristiche barche condotte a remi dai marinai sia con canoe. E al centro dell’isolotto la chiesetta e il campanile (1543): si dice che se si giunge sull’isola mentre suona la campana (che per fortuna suona spesso…) beh, i desideri si avverano.


di Guido Barella