
Un libro, un’avventura, un viaggio. Una dichiarazione d’amore. Verso la Spagna, anzi verso l’Andalusia.
“Madrid Express” (di Carmelo Domini, Foschi editore, 14 euro), è ambientato nel 1982 e culmina raccontando la vittoria delle vittorie dell’Italia del calcio. Appunto, Spagna ’82, il Mundial, Bearzot il vecio e Paolorossi scritto così, tutto attaccato, Cabrini e Tardelli, Altobelli e Bruno Conti. “Madrid Express” è ambientato nel 1982 e già questo è strano perché Carmelo Domini, l’autore, è nato nel 1977, e dunque all’epoca dei trionfi spagnoli del calcio azzurro aveva appena cinque anni. Eppure, com’è come non è, “Madrid Express” ha anche molto di autobiografico, in senso lato per carità. Perché “Madrid Express” è una storia che a tratti sembra quasi vera e a tratti assai poco verosimile, però…, però più che un libro è una grande, a tratti commovente, dichiarazione d’amore. Più che per Madrid, più che per la Spagna, per l’Andalusia.
E’ bravo, Domini. Bravo anche se inesperto (siamo pur sempre al suo romanzo d’esordio). Bravo a raccontare quella generazione che aveva vent’anni o poco più (anzi, che era “semplicemente giovane”) all’inizio degli anni Ottanta (“Noi eravamo quelli che sbagliavano sempre tutto, ma alla fine trionfavano”). Bravo a raccontare l’Andalusia profonda, anzi, profondamente araba, una “Granada che era davvero una cartolina. Era una musica lenta, buona e orecchiabile”. Perché quella Spagna “non era altro che l’Italia che sognavamo. Magari ancora più povera. Con i metrò ancora da fare e gli aeroporti che sembravano baracche, i muli per strada e le Seat da rottamare. Ma era un Paese giovane che pensava al suo futuro. Era la Sicilia senza mafia, Napoli senza la camorra, Milano senza Calvi e Bologna senza la stazione o Ustica senza aerei; era il calcio senza scommesse». Ed è bravo, Domini, perché questa storia – lo si è detto: a tratti quasi vera, a tratti assai poco verosimile. Comunque è quasi un giallo per cui niente trama… – l’ha raccontata in meno di 190 pagine che scorrono veloci, perché non si è scritto addosso.
(g.bar.)
“Madrid Express” (di Carmelo Domini, Foschi editore, 14 euro), è ambientato nel 1982 e culmina raccontando la vittoria delle vittorie dell’Italia del calcio. Appunto, Spagna ’82, il Mundial, Bearzot il vecio e Paolorossi scritto così, tutto attaccato, Cabrini e Tardelli, Altobelli e Bruno Conti. “Madrid Express” è ambientato nel 1982 e già questo è strano perché Carmelo Domini, l’autore, è nato nel 1977, e dunque all’epoca dei trionfi spagnoli del calcio azzurro aveva appena cinque anni. Eppure, com’è come non è, “Madrid Express” ha anche molto di autobiografico, in senso lato per carità. Perché “Madrid Express” è una storia che a tratti sembra quasi vera e a tratti assai poco verosimile, però…, però più che un libro è una grande, a tratti commovente, dichiarazione d’amore. Più che per Madrid, più che per la Spagna, per l’Andalusia.
E’ bravo, Domini. Bravo anche se inesperto (siamo pur sempre al suo romanzo d’esordio). Bravo a raccontare quella generazione che aveva vent’anni o poco più (anzi, che era “semplicemente giovane”) all’inizio degli anni Ottanta (“Noi eravamo quelli che sbagliavano sempre tutto, ma alla fine trionfavano”). Bravo a raccontare l’Andalusia profonda, anzi, profondamente araba, una “Granada che era davvero una cartolina. Era una musica lenta, buona e orecchiabile”. Perché quella Spagna “non era altro che l’Italia che sognavamo. Magari ancora più povera. Con i metrò ancora da fare e gli aeroporti che sembravano baracche, i muli per strada e le Seat da rottamare. Ma era un Paese giovane che pensava al suo futuro. Era la Sicilia senza mafia, Napoli senza la camorra, Milano senza Calvi e Bologna senza la stazione o Ustica senza aerei; era il calcio senza scommesse». Ed è bravo, Domini, perché questa storia – lo si è detto: a tratti quasi vera, a tratti assai poco verosimile. Comunque è quasi un giallo per cui niente trama… – l’ha raccontata in meno di 190 pagine che scorrono veloci, perché non si è scritto addosso.
(g.bar.)