La tragica notte di Paros

Vasilis Rahoutis aveva 19 anni. Era figlio unico e veniva da Kamena Furla, paesone di 5 mila abitanti affacciato sul mare nella regione della Phtiotida, nella Grecia Centrale. Era un militare di fanteria dell’Unità Lamia in servizio a Samos, nell’Egeo orientale. Reduce da una licenza, quel 26 settembre 2000 stava tornando alla sua caserma assieme a venti commilitoni. Per raggiungere Samos avevano scelto di imbarcarsi sull’Express Samina, traghetto da ormai 34 anni in servizio nel Mediterraneo sotto bandiera prima francese e poi greca e ormai a un passo dal disarmo, programmato per il 31 dicembre 2001.

Il traghetto Express Samina però in disarmo non sarebbe mai andato. Dalla sera di quel drammatico 26 settembre 2000 giace sul fondo del mare a meno di tre miglia dal porto di Paroikià, il capoluogo dell’isola di Paros, dove si è inabissato dopo essere andato a cozzare contro uno dei due isolotti (più scogli che veri e propri isolotti, in verità) chiamati Portas, al largo di Paros. E Vasilis Rahoutis fu uno degli eroi di quella notte. Riuscì a salvare numerose persone facendole accogliere sulle scialuppe o sulle barche della Guardia Costiera e dei pescatori intervenuti per i soccorsi. Morì travolto, esausto, dalle acque subito dopo aver salvato una mamma e il suo figlioletto.

Alla fine furono 81 i morti di questa drammatica tragedia. Tra loro anche Vasilis. E pure il vicecomandante del porto di Paros, Dimitris Malamos, stroncato dalla fatica dopo una notte di lavoro disperato tra le onde sferzate dal vento. Un altro eroe di quella notte di follia. La notte del 26 settembre 2000.

Dopo essere stato varato nei Cantieri dell’Atlantico di Saint Nazaire, in Francia, nel 1966, con il nome di Corse, il traghetto entrò in servizio prima con la Compagnie Générale Transatlantique per concludere poi la sua carriera sotto la bandiera francese alla SNCM, la Société Nationale Corse-Méditerranée. Nelle acque greche era arrivato nel 1981 acquistato dalla Stability Ferries. Dopo altri passaggi di proprietà, infine, nel 1999 era entrato a far parte della flotta della Minoan Flying Dolphins, società appena fondata eppure subito in grande espansione, effettuando servizio sulla rotta Pireo-Paros-Icaria-Samos.

Quel settembre di vent’anni fa non era iniziato nel migliore dei modi per quello che era diventato l’Express Samina. Il primo ingegnere Anastasios Sorokas, in servizio sul traghetto, aveva infatti presentato una pesante denuncia sulle condizioni della nave, parlando di cattive condizioni del motore, obsolescenza e mancanza di manutenzione dei quattro motori elettrici, funzionamento problematico dei sistemi di avvio del bagagliaio e insufficienza delle porte stagne nel caso in cui una parte della nave fosse allagata. Lui, fu costretto alle dimissioni, che diede il 19 settembre. Ma il traghetto finì nel mirino della KEEP, la Divisione controllo navi mercantili, che effettuò due ispezioni, la prima il 21 e la seconda proprio il 26 settembre, senza però annotare alcunché di anormale, anche se poi emerse che la nave aveva navigato nel passato perfino senza certificato di idoneità alla navigazione e al momento della tragedia aveva solo un certificato temporaneo essendo scaduto il 17 agosto quello rilasciato dall’Autorità marittima.

L’Express Samina nel tardo pomeriggio del 26 settembre potè quindi prendere il largo regolarmente salpando dal porto del Pireo. La stagione turistica era ormai praticamente finita, a bordo soprattutto residenti nelle isole che sarebbero state toccate dagli scali, Paros, Iraklia, Samos e infine le piccole Patmos e Lipsi, il capolinea. Pochi gli stranieri tra i 473 passeggeri, tra i quali alcuni italiani, secondo i resoconti dell’epoca. Con loro, i 61 membri dell’equipaggio.

Era già autunno, le scuole erano riprese e anche il calcio internazionale si era rimesso in modo per celebrare la stagione 2000/2001. E non è un particolare banale. Già, perché quella sera c’era la Champions League, con una delle bandiere del calcio greco, il Panathinaikos di Atene, in campo ad Amburgo. E all’ora di inizio della partita mezza Grecia era davanti alla tv. Anche sull’Express Samina. Le testimonianze dopo la tragedia furono agghiaccianti: ponte sguarnito, numerosi membri dell’equipaggio davanti alla tv. E una certezza: il traghetto, in quella serata con venti forza 8 secondo la scala Beaufort (tra i 36 e i 40 nodi, tra i 62 e i 74 km/h) era stato affidato al pilota automatico. L’inchiesta stabilì che ciò avvenne in assenza di regole di navigazione sicure a causa delle condizioni meteo avverse e con la posizione della nave fuori controllo. Quando erano da poco passate le 22, e le luci di Paroikià erano lì davanti, spinto probabilmente proprio dal vento, l’Express Samina finì fuori rotta mentre viaggiava a una velocità di 18 nodi.

Gli isolotti Portas sono due speroni di roccia che emergono dal mare molto vicini l’uno all’altro a meno di tre miglia poco a Sud del capoluogo di Paros. Normalmente le navi, entrando nel golfo del porto, li lasciano sulla propria destra. Ma quella sera, alle 22.12, la nave, rimasta in balia di se stessa, centrò l’isolotto a Nord. Sulla fiancata destra dell’Express Samina si produsse uno squarcio di almeno tre metri, alla base della pinna di stabilità destra.

Quello che accadde a partire da quel momento è la trama drammatica di un film agghiacciante, sottolineata da una serie incredibile di errori e leggerezze, che sarebbero stati fatali per 81 persone, come emerse sia dalle inchieste della magistratura e dagli esiti processuali che dalle testimonianze raccolte dai giornalisti.

Le chiusure stagne che avrebbero dovuto garantire la tenuta erano in realtà tutte aperte. E nessuno dalla sala macchine avvisò di questo il comandante nell’immediatezza. L’inchiesta successiva stabilì che la nave avrebbe potuto sopportare un allagamento esteso a tre compartimenti stagni. Invece, la sala macchine fu immediatamente inondata dall’acqua.

Il generatore di emergenza a causa di un guasto cessò quasi subito di funzionare. Nessun segnale di allarme venne attivato. La nave piombò nel buio e fu pure impossibile utilizzare gli altoparlanti lanciare avvisi ai passeggeri.

La nave si piegò in pochi minuti su un fianco, quello destro, rendendo così inutilizzabili di fatto le scialuppe poste su quel lato e quasi impossibile calare in mare quelle di sinistra.

Le persone a bordo, al buio e senza indicazione alcuna da parte del personale anche a causa dell’impossibilità di utilizzare gli altoparlanti ma solo piccoli megafoni, cercarono i salvagente ma molti di questi non avevano né luci né segnalatori acustici funzionanti.

L’operatore di bordo dichiarò poi di aver immediatamente lanciato l’sos e circostanziato la gravissima situazione al Centro di controllo del traffico marittimo al Pireo che avrebbe però minimizzato inizialmente l’accaduto mentre le tv nazionali venivano avvisate dell’accaduto dalle strazianti telefonate delle persone che si trovavano a bordo del traghetto che stava affondando, tanto che il Centro di controllo in breve dovette cambiare il proprio atteggiamento.

Anche a riva si era subito percepita la gravità della situazione. E prima ancora che si mettesse in moto la macchina dei soccorsi ufficiali, chiunque avesse un’imbarcazione prese il largo per convergere sul luogo della tragedia per salvare più persone possibili, mentre sulle rive, sia sulla riviera a Sud di Paroikià che sulla punta di Aghios Foca, conversero centinaia di automobilisti per cercare di illuminare la notte con i fari delle loro auto. Quindi vennero fatti convergere nella zona anche gli elicotteri di alcune navi militari inglesi che incrociavano al largo impegnate in una esercitazione.

Mentre però la Express Samina in appena venti, massimo 25 minuti colava a picco, quanto accadde prima a bordo e poi in mare in quei frangenti non ebbe, non potè avere, nulla di logico, con le persone in preda al panico assoluto: ad esempio, ci fu anche chi, venne raccontato, voleva abbandonare la nave portandosi dietro la propria valigia.

Le testimonianze poi raccolte nell’immediatezza così come le interviste pubblicate a ogni anniversario riferiscono infatti sì dello straordinario slancio di generosità dei pariani accorsi con le loro imbarcazioni ma anche dell’impossibilità di agire in maniera sicura sia a causa del buio che del forte vento e della frenesia. Ecco quindi il terribile particolare di naufraghi che furono feriti, se non uccisi, dalle eliche delle piccole imbarcazioni giunte in soccorso. E di altre persone che rimasero ferite, se non anche loro uccise, dopo essere state scaraventate dalla forza delle onde contro le rocce che si trovano lungo la costa a Sud di Paroikià.

Vivendo oggi la placida serenità delle serate di Paros a fine settembre e osservando dalla riva quei due scogli in mezzo al mare è assolutamente impossibile anche solo lontanamente immaginare cosa accadde quella notte. Il bilancio venne stilato solo all’alba. 81 morti. Tutti greci, e un turista scandinavo. Non ci fu isola, tra quelle che sarebbero state toccate dal traghetto, che non pianse le proprie vittime.

Ottantuno morti. Più uno. Perché due mesi più tardi, il 29 novembre, si suicidò il vicepresidente della compagnia di navigazione armatrice dell’Express Samina, Pantelis Sfinias, lanciandosi dal sesto piano del palazzo dove aveva sede la Minoan Flying Dolphins ad Akti Kondili, al Pireo. Aveva 55 anni.

Intanto era già partita l’inchiesta della magistratura. Il lungo iter processuale (segnato anche da un pronunciamento della Corte Suprema che stabilì come le corti inferiori che avevano affrontato il caso avessero commesso errori nello stabilire i reati commessi, con conseguenti condanne più lievi del dovuto) portò alle condanne in via definitiva del comandante, il capitano Vasilis Yiannakis (11 anni, 11 mesi e 25 giorni di carcere), del primo ufficiale, il tenente Anastasios Psychogios (12 anni, 9 mesi e 25 giorni) oltre che di altri tre membri dell’equipaggio, con pene tra i 7 anni e i 10 mesi di carcere. Il presidente e l’amministratore delegato della Minoan Flying Dolphins, Konstantinos Klironomos e Nikolaos Vikatos, furono condannti a 2 anni, 4 mesi e 2 giorni di carcere ciascuno.

Dopo la tragedia del 26 settembre 2000 vennero emanate norme più stringenti nelle revisioni periodiche delle navi passeggeri iscritte al registro navale greco, riducendo anche l’età della “pensione” delle navi stesse da 35 a 30 anni: ne vennero subito bloccate ben 65, tra traghetti di linea e navi da crociera.

La Minoan Flying Dolphins venne di fatto spazzata via dal mercato dei trasporti passeggeri nell’Egeo, rinascendo nel 2005 con il nome di Hellenic Seaways (il cui simbolo sono tuttora tre delfini volanti).

Quella sera il Panathinaikos vinse ad Amburgo per 1-0. La Express Samina stava colando a picco quando Yorgos Nasiopoulos, al 36′ del primo tempo, segnò il gol della vittoria biancoverde.

Oggi, la Express Samina giace ancora sui fondali al largo di Paroikià. Periodicamente si registrano perdite di carburante dai suoi serbatoi e il tema è stato oggetto anche di un incontro recente tra il sindaco di Paros e il ministro greco della Marineria. In passato era perfino emersa la proposta di fare del relitto un Diving Park. Ora, invece, si sta studiando la possibilità di recuperarlo, ma le spese di un intervento di questo tipo sono assolutamente enormi.

Una lapide rievoca la tragedia sulla punta di Aghios Foca, proprio di fronte agli scogli Portas.

Il fante Vassilis Rachoutis è ricordato nella sua Kamena Furla da un busto, eretto affinché il suo sacrificio non venga mai dimenticato.

(Guido Barella, giornalista, vive tra Trieste e Paros)

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2 Risposte a“La tragica notte di Paros”

  1. Ruggero ha detto:

    Triste storia, e non è l’unico naufragio dovuto al fatto che era più importante guardare una partita di calcio che pensare alla sicurezza della navigazione…

    • Alessandro ha detto:

      So bene a cosa ti riferisci, per quanto riguarda il Moby Prince non è assolutamente andata per come hai detto, dovresti informarti meglio.
      Per il resto onore alle vittime di queste vicende.

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